2016, Festival, Recensione Filiberto Molossi 2016, Festival, Recensione Filiberto Molossi

Truth, il cinegiornalismo e la lezione della verità

<Se smetti di fare domande a perdere è il popolo>.

Nel mondo dove la verità non interessa più a nessuno, una bella lezione etica che cammina sulla corda tesa del dubbio: tra dovere di cronaca e responsabilità della notizia, l'amara - e scomoda - riflessione sociale e politica di un cinema che non mette il salvagente per nuotare nell'acqua più torbida. E' un film spigoloso e per nulla scontato, <Truth>, solido debutto con cui l'americano James Vanderbilt rievoca, conservandone la carica detonante, lo scoop sensazionale (e rovinoso) che segnò per sempre la vita di Mary Mapes e Dan Rather - lui icona vivente del giornalismo televisivo, lei battagliera cronista - che rivelarono che George W. Bush si era <imboscato> durante la guerra del Vietnam.

Comincia come un film d'inchiesta alla vecchia maniera, si traveste da thriller finendo poi col trasformarsi in una pellicola (quasi da tragedia shakespeariana) sulla caduta (degli dei?), <Truth-Il prezzo della verità> che, pur sposando il punto di vista della protagonista (interpretata da un'ottima Cate Blanchett), ha il grande merito di esaltare l'ambiguità di una vicenda in chiaroscuro in cui alla manipolazione dei media da parte di un potere che per definizione non ama essere contraddetto fa da contraltare l'uso e abuso delle fonti quanto certa leggerezza nella ricerca (<obbligata> oltre che ostinata) dello scoop.

Scritta meglio di come sia girata, la pellicola si accontenta di un'estetica ben più convenzionale (e prudente) rispetto alla posta in gioco, contribuendo però al rilancio (vedi anche <Il caso Spotlight>, baciato dall'Oscar) di un cine-giornalismo vagamente liberal (la presenza di Robert Redford nella parte di Rather non è certo casuale) che si rifà agli anni '70, senza però portarsene dietro la retorica.

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2015, Festival Filiberto Molossi 2015, Festival Filiberto Molossi

Roma, buona la decima: stavolta fa Festa il cinema

Mettiamola così: non era ancora partita la Festa che già un film era saltato. Maschere che si dileguano, nessun avviso e gente  in coda: poi dopo un quarto d'ora si scopre che la pellicola non era mai arrivata. Pazienza. Il giorno dopo però va peggio: la maschera ti ferma perché hai la borsa come altri 300 che però passano. Provi a capire cos'è questa novità ma lui ti stronca subito: "Non cominciamo". Ma non cominciamo a fare che? Pero' c'è una buona notizia: ossia che quelle brutte finiscono qui. Al di là di qualche disguido organizzativo, infatti, i film stavolta alla Festa del cinema di Rom sono belli davvero. E da queste parti è un po' una notizia. È buono Truth , inchiesta giornalistica (da storia vera) che si trasforma in film sulla caduta (degli dei?): bello scontro tra media e potere tra ingerenze e manipolazioni con una Blanchett bravissima. Poi occhio a Room, madre e figlio prigionieri in una stanza: la' dove la scoperta del mondo è la metafora dello chic della nascita. Tre atti, per un dramma psicologico che si muove nel mito della caverna di Platone. È il film che ha vinto a Toronto: e si è preso dei begli applausi anche qui. Tra i promossi pure il doc sulla musica indiana di PT Anderson (col chitarrista dei Radiohead) Junun e soprattutto The whispering star  , la stella dei sussurri del giapponese Sion Sono: bellissimo fanta vintage dove un'umanita' alla fine vive solo del privilegio dell'attesa e dei ricordi.

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