We live in time: l'amore, che magnifico incidente
Lui, lei, le risate, le scuse maldestre, le cene in famiglia, il sesso, i successi, la gravidanza, i cereali a colazione, le liti, le uova, gli abbracci, la malattia. E quella volta che. E quell'altra. L'amore? È un incidente. Un magnifico scherzo del destino, una scatola di latta dove custodire ricordi alla rinfusa. Che l'irlandese John Crowley rovescia in «We live in time» sullo schermo lasciando che gli alti e bassi dello stare insieme si confondano e si accavallino, tra le ellissi e i frame del quotidiano di una coppia che pattina sul ghiaccio (a volte assai sottile) della vita.
Dieci anni di Tobias, fresco di divorzio e dolcemente depresso e di Almut, bionda e vitalissima chef in carriera: scene da un (non) matrimonio, là dove il gusto è sempre dolceamaro, tra momenti divertenti e struggenti, folli e commoventi. Mentre la rom com incontra il cancer movie, «We live in time» trova la sua forza (e il suo senso) proprio in questa costruzione frammentaria, non cronologica: Crowley non inventa nulla, ma nel continuo avanti e indietro di quel rapporto gestisce molto bene a livello narrativo (e di montaggio) le transizioni temporali, gli spesso rocamboleschi, a volte allegri, altri drammatici, quadri esistenziali di due come noi che si trovano, si riconoscono e si battono, decidendo che vale la pena fare un pezzo di strada insieme.
Certo, il ricorso alla malattia (ma provare una buona volta a farne a meno? Che da «Love story» sono passati 55 anni...) è un po' facile, (inevitabilmente?) ricattatorio: ma se il film sta in piedi, detto della struttura, è soprattutto per merito dell'alchimia tra i due protagonisti, Andrew Garfield e Florence Pugh che si spogliano dallo status di star per mettersi al servizio del valore dei sentimenti.