Meraviglia La La Land, musical romantico per idealisti e sognatori
Come si fa a non essere romantici con il musical? Suonala ancora Seb: è un film di idealisti e di sognatori, di cuori infranti e di nostalgici impenitenti, dove il limite è il cielo e l'amore (sì, l'amore) un pugno di note messe in fila, un sentimento che diventa melodia, <La La Land>. Coloratissimo e spavaldo, divertente e delizioso (e infine struggente, come quelle canzoni che ti restano in testa anche quando credi di averle dimenticate), il musical moderno (ma che omaggia quello classico) dalle 14 nomination all'Oscar (record eguagliato) e dai 7 Golden Globes vinti, è la prova inconfutabile dell'enorme talento del 31enne Damien Chazelle, il regista-sorpresa di <Whiplash> che ora guarda a Jacques Demy come anche alle sfrontate meraviglie di anni ruggenti in technicolor, quando i vecchi cinema non avevano ancora chiuso e la pellicola bruciava quando la sua mano incontrava la tua.
Elegante e magico come solo un'imprevista passeggiata tra le stelle può esserlo, <La La Land>, diviso in cinque movimenti (inverno, primavera, estate, autunno e ancora inverno, ma quello di 5 anni dopo...), accompagna a passo di danza - dopo un clamoroso prologo strappa applausi in piano sequenza dove si balla durante un ingorgo - la love story tra Seb e Mia: lei, aspirante attrice che serve caffè nel bar delle star, sta aspettando di essere notata, lui, incompreso pianista jazz, che la vita invece si stanchi di dargli addosso. Smarriti nello stesso riff, si incrociano tra i tasti bianchi e quelli neri, cercando, tra ambizioni e compromessi, di realizzare i propri sogni, grandi e luminosi come solo quelli dei film.
Auto elettriche tutte uguali, band di sfigati che suonano gli A-ah, iPhone che squillano sempre nel momento sbagliato: in una Los Angeles dove è ancora tutto possibile, terra promessa irresistibile e fasulla come una città ricostruita negli studi hollywoodiani, Chazelle, complice anche la straordinaria alchimia tra i due protagonisti, Emma Stone e Ryan Gosling (ma c'è anche John Legend), gira (benissimo) un film molto ispirato e strabordante di citazioni (non solo l'epopea di Minnelli o Ginger e Fred, ma anche <Casablanca>, <Gioventù bruciata>, l'intransigenza di Monk e i toni agrodolci dello Scorsese di <New York New York>), in cui il musical invita a ballare il melò e il sogno conosce i tormenti e le sconfitte della vita reale. E' in questa <doppia nota>, in questo passo doppio, in quella malinconia che impregna anche la felicità e le sue promesse, che <La La Land> finisce col rapirci, rammentandoci che amiamo sempre quello che dimentichiamo, mentre le sliding doors del destino sbattono contro un ultimo sguardo, prima che un battito di ciglia ci porti altrove, dove forse nemmeno vorremmo davvero essere.