La luce sugli oceani: galeotto fu il faro e chi lo accese
Galeotto fu il faro e chi lo accese: li hanno mollati su un'isola deserta per un mese, tanto per vedere l'effetto che fa. Loro però, lungi dall'annoiarsi, sono entrati talmente nella parte che poi hanno cominciato a fare coppia fissa per davvero. <La luce sugli oceani> si accende per Michael Fassbender e Alicia Vikander: peccato però che nel melodrammone che li ha fatti innamorare il meno illuminato sia proprio il regista Derek Cianfrance, che getta due anime nella tempesta, agitando - su uno scoglio in mezzo al nulla battuto da un vento incessante (esilio volontario che si trasforma in gabbia emotiva) -, lo spettro della colpa (compagna inseparabile di un isolamento che alla lunga diventa anche morale), in una tragedia della genitorialità (mancata o derubata) dove il rimorso mostra denti affilati, mentre il perdono si rivela scelta più estrema (e definitiva) del rancore.
Un guardiano del faro profondamente segnato dall'esperienza della prima guerra mondiale e la sua giovane moglie salvano una bimba dalle acque e decidono (non riuscendo ad avere figli) di tenerla come fosse propria, nascondendo a tutti la verità...
Girato in condizioni climatiche proibitive, tratto dall'omonimo romanzo di Stedman, il film di Cianfrance (<Blue Valentine>, <Come un tuono>) stringe sui volti per poi indulgere in spettacolari panoramiche affrontando in campo e mare aperto, in una furia anche interiore, un percorso dai toni quasi biblici dove anche l'isola – oltre all'uomo, morto dentro e risvegliato dall'amore e alla donna, gravida di desiderio di normalità – diventa un personaggio fatale.
Il mistero della maternità, l'ombra, attualissima, dei migranti (il padre naturale della bimba vittima dei pregiudizi in quanto straniero...), la difficile (a volte impossibile) convivenza con le proprie decisioni, con le proprie debolezze: temi, dilemmi, passioni forti (e laceranti) che l'autore avrebbe però dovuto affrontare con un piglio decisamente più personale, invece di accontentarsi (il rischio polpettone è dietro l'angolo) di illustrare le conseguenze traumatiche di scelte (anche quando dettate dall'amore) avventate, sbagliate.
Il risultato è un film classico e crudele che vorrebbe scuotere dentro: ma non sempre un vetro rotto è figlio di una finestra che sbatte.