Vizio di forma: Phoenix detective strafumato nel noir hippie
E' tratto dal libro di una leggenda della contro cultura, uno scrittore invisibile che forse nemmeno esiste (la sua ultima fotografia conosciuta risale a circa 60 anni fa), l'ultimo lavoro del regista (eh sì, bravo un bel po') che faceva piovere rane: un trip bizzarro e psichedelico, sballato e stravagante, saturo e allucinato, un inclassificabile film hippie dall'irresistibile fascino vintage, folle e felice come una corsa sotto la pioggia con la persona che ami. Salito su una macchina del tempo priva del cambio automatico, Paul Thomas Anderson (quello di «Magnolia», «Il petroliere» e «The master») brucia gli ultimi fuochi dell'era dell'Acquario (Nixon regna e fa già danni, gli all american boys si fanno trucidare nel Nam e sull'epoca del «peace and love» è già calata l'ombra maligna di Charlie Manson) rileggendo per immagini con stile «neonrealista» l'incredibile 1970 narrato da Thomas Pynchon in «Vizio di forma». Proprio là, nella California assolata e drogatissima, dove si muove in un divertito noir dalla trama-pretesto assurda e contorta (quasi un omaggio ai copioni acrobatici di certi immortali del genere come «Il grande sonno» e «Il mistero del falco») Doc Sportello, detective strafumato ma leale con basette improbabili e i piedi che puzzano...
Divani di pelle rossa, telefoni verdi, speculatori edilizi «tecnicamente ebrei» ma grandi amici dei nazisti, pantere nere, fratelli ariani, sbirri con flinstoniani capelli a spazzola, sassofonisti doppiogiochisti morti e risorti, Fbi, minigonne: frullati insieme «Il grande Lebowski», «Chinatown» e «Paura e delirio a Las Vegas», Anderson fa di «Vizio di forma» un caleidoscopio di sogni non ancora disintegrati (dal conformismo reaganiano che verrà poi, da una società che prima importa tonnellate di stupefacenti e dopo costruisce costose case di cura per disintossicarti...), una sfacciata commedia dopante (ci si fa talmente tanta marijuana sullo schermo che alla fine è un po' come se il fumo arrivasse anche in sala, a confondere le idee degli spettatori...) dal doppio fondo politico in cui l'autore - forte di un cast complice e molto in palla (a partire dal protagonista Joaquin Phoenix, ma occhio anche all'inglesina Katherine Waterston, mai così sexy) - rifiuta un montaggio elettrico e banalmente pulp per privilegiare invece movimenti lentissimi dal di fuori al di dentro.
Spargendo ad ogni angolo, lui che è nato nell'anno in cui si svolge il film, petali di nostalgia per un periodo che non ha vissuto. Consapevole però d'altro canto che «puoi girare solo un po' per i viali del rimpianto, ma poi devi tornare a imboccare l'autostrada».