Asteroid City, la quarantena di Wes Anderson

Fa il pieno di stelle e dal cielo chiama in soccorso persino gli alieni Wes Anderson a cui la depressione da pandemia ha ispirato un'originale quarantena ante-litteram: laggiù a «Asteroid City», nel più classico dei non luoghi, a metà strada tra la fantasia e il teatro, il cinema e il libro illustrato, dove, negli anni '50, un variegato gruppo di persone si ritrova bloccato per giorni a causa del rapido passaggio di un innocuo extraterrestre... Simile e solidale con alcuni dei suoi personaggi che si sentono, come lui, fuori dal mondo, l'imprevedibile regista americano, nel suo ultimo film gioca con i vari strati della finzione e della rappresentazione non rinunciando ai suoi stilemi: dalla cura figurativa (e dalla reinvenzione di un universo coloratissimo e cartonato) alla narrazione a vasi comunicanti, dal racconto corale a un'ironia buffa, tenera. Pur bellissimo «da vedere», però il film (nel film nel film), colto e divertente, è a tratti un po' noioso e conferma a tratti (ma i suoi fedelissimi non saranno d’accordo) una certa stanchezza in una delle voci più rare del cinema internazionale. Che comunque, complice anche un parterre impressionante di divi (da Tom Hanks a Scarlett Johansson), impone anche stavolta il suo tocco e non rinuncia al piacere, sottile, dell'invenzione.

Locarno, un applauso che arriva lontano

Se non ci siete mai stati qui un salto dovete pur farlo: se vi piace andare al cinema, si intende. Perché una sala così non l'avete mai vista. A Locarno, che è già Svizzera, oltre a un ottimo gelato alla cannella fanno anche un bel Festival del cinema: radicato, intelligente, appassionato. Certo più piccolo, e mediaticamente più marginale, rispetto a Cannes o Venezia, ma autentico e animato di vero entusiasmo. Anche perché a Locarno hanno una cosa che nessuno (né Venezia, né Cannes, né Berlino...) ha: una sala da 8.000 posti. Che poi è uno dei cinema più grandi che c'è:  al mondo, dico. Si chiama Piazza Grande ed è proprio quello che dice il nome: una piazza. Dove una accanto all'altra (gli svizzeri si sa in fatto di precisione non li frega nessuno)  mettono 8mila sedie. Così, per vedere l'effetto che fa. Una volta nella vita ci dovete proprio andare: anche perché qui i film corrono e si muovono su uno schermo di 26 metri per 14. Un gigante in mezzo a una città. Inutile dire che si tratta di uno degli schermi più grandi del mondo: colpito da un fascio di luce sparato da una cabina a 80 metri di distanza. Un prodigio alla Méliès, quasi.  Anni fa tra i critici che conobbi lì a lavorare c'era anche un ragazzo che si chiama Carlo Chatrian: è lui adesso, a dirigere, in maniera illuminata e brillante, il Festival. Pochi giorni fa hanno presenato il programma: si parte con Lucy  (il 6 agosto), l'ultimo film di Besson, soffiato alla concorrenza degli altri Festival che verranno. La protagonista è Scarlett Johansson, nella parte di un corriere della droga che scopre di essere dotata di superpoteri. Qualcuno l'ha già definito la Nikita 2.0 del regista francese. Che ultimamente di porte in faccia ne ha prese parecchie: però qui potrebbe avere le carte in regola per rilanciarsi nell'olimpo del cinema che più conta. Anche perché la "giuria" della Piazza Grande non fa sconti, non ammette repliche. Quella è gente che al cinema ci crede davvero: io li ho visti. Nel più grande cinema a cielo aperto capita anche che piova: e non succede raramente. Ma loro lì: non si muovono. Anche se il film è Senso, sì quello di Visconti e l'hanno visto tre volte: stanno fermi sulle loro sedie, al massimo aprono l'ombrello, si mettono il cappuccio, tirano il fuori il k-way. Ma non se ne vanno. E' gente seria il pubblico di Locarno. Aveva ragione Marco Muller, che qui è stato un guru onnipotente: "L'applauso di Locarno è un applauso che arriva lontano". Buona fortuna Scarlett:, buona fortuna Carlo: fateli neri

il trailer di Lucy: https://www.youtube.com/watch?v=MVt32qoyhi0