Una notte a New York: breve incontro tra due anime connesse
Breve incontro: lui, lei, un'auto. Nel tempo sospeso di un viaggio, l'abbraccio ideale di due estranei smarriti nel mondo, eppure connessi, là, nell'ultima corsa prima dell'alba, prima di un giorno forse nuovo per entrambi.
È un dialogo fitto di primissimi piani, di parole e dettagli, in un rapporto binario (1 e 0, vero e falso, torto e ragione) ma empatico, reale e non virtuale, dove gli esseri umani sembrano ancora capaci - nonostante tutto, nonostante il mondo - di essere umani, il film della debuttante Christy Hall: che vi chiede di salire con lei su un taxi (tranquilli, la corsa è a prezzo fisso...) e di fidarvi di una pellicola dove conducente e passeggero si svelano in un lento, inesorabile, scoprirsi, intrappolati in un momento indeterminato, eppure disposti a condividere il proprio stato d'animo con l'altro, a mettere a confronto le rispettive solitudini, i limiti, i sogni, i traumi, le fragilità. E ad aprire il vetro che separa chi guida e chi torna a casa per ridurre quell'enorme distanza metaforica e costruire un ponte, inaspettato, tra le proprie anime: così come tra lo schermo e lo spettatore.
Una ragazza atterra all'aeroporto Kennedy e sale su un taxi diretta a Manhattan: è stanca, pensierosa, qualcuno (l'uomo con cui ha una relazione) le scrive sul cellulare. Ma c'è un incidente, il traffico è bloccato, il viaggio sarà più lungo del previsto: e al volante c'è un tassista analogico che è attento alle cose. E alle persone...
Pensato (evidentemente) per il teatro, ma poi trasformato prima di arrivare sul palco in un film per due voci (e quattro personaggi: oltre ai protagonisti anche l'uomo che chatta con la donna e la Grande Mela, avvolgente e fuori fuoco, che scorre dietro il finestrino), «Una notte a New York» celebra, nel tempo di conoscenze soprattutto virtuali, sempre più social che sociali, il ritorno al dialogo, cogliendo, in unità di tempo, azione e luogo, l'imprevista intimità (e necessità di «confessarsi», di «riconoscersi») di un uomo e donna desiderosi di confrontarsi, di aprirsi, raccontarsi. È vero che l'assunto non è particolarmente originale e che né il film all'interno di un'auto (pensiamo a «Locke») né l'uso del taxi (quasi un sottogenere ormai, da «Taxi Teheran» al nostrano «Il tassinaro») sono novità assolute: ma la Hall trova modo di riflettere con non scontata schiettezza e onestà su maschile e femminile (nell'epoca in cui «sembrare un buon padre di famiglia è più importante che esserlo»), lasciando che i due protagonisti - Dakota Johnson e Sean Penn (bravi entrambi, con leggera preferenza per lei) - parlino anche col volto. In un comprendersi che è anche andare avanti. Perché forse il segreto, anche quando sei sott'acqua, è solo quello: continuare a respirare.