Summer, la lunga estate del rock sovietico
C'era solo il nome a Cannes su un cartello: lui no, era rimasto a casa. Ai domiciliari, per l'esattezza: accusato di appropriazione indebita. Anche se sono molti a pensare che è solo una delle tante vittime della vendetta di Putin, lo zar della nuova Russia. A cui i suoi spettacoli teatrali e i suoi film sono sempre andati di traverso. E allora, il 49enne Kirill Serebrennikov per farsi sentire alza il volume: la sua banda suona il rock, per chi l'ha visto e per chi non c'era. E' la musica ribelle a incendiare lo schermo: con <Summer> che rievoca (e celebra) la scena musicale russa pre Perestroika, quando gruppi come i Kino e gli Zoopark diedero la scossa, nei primi anni '80, a una generazione senza speranza.
Girato in un bellissimo bianco e nero che ricorda quello del film di Corbjin sui Joy Division, interrotto solo da qualche inserto a colori di finto documentario, <Summer> è un film giovane, vitale e pieno di energia che si concentra in particolare sull'ideale - ma inevitabile - passaggio di consegne tra il re del blues-rock di Leningrado Mike Naumenko, l'idolo del presente che già sa di essere il passato, e Viktor Tsoi, che da lì a poco diventerà uno dei più influenti pionieri del rock russo. Punk per scelta e per vocazione, <Summer> - solo stasera (lunedì 17) all’Edison - però non si accontenta di seguire la strada del biopic e mescola con creatività le carte, affidandosi alle improvvisate di uno spiazzante e (in)visibile narratore come, soprattutto, a numeri da musical dove disegnare sulle immagini scritte e segni grafici che ricordano (tra split screen e animazioni) il mood dei primi videoclip. E' una cifra che Serebrennikov usa anche in senso ironico (come quando i passeggeri del bus si mettono a cantare <The passenger> di Iggy Pop), una fuga onirica in un periodo dove in Urss si rischiava di essere sbattuti giù da un treno solo perché ti piacevano i Sex Pistols... E' vero, il suo film ha qualche minuto di troppo e meritava maggiore approfondimento delle personalità dei protagonisti (attratti dalla stessa donna), ma oltre al merito di fare riscoprire al di qua del muro il rock sovietico di quel periodo è metafora chiara di un desiderio, di una voglia di libertà di espressione che c'era allora come adesso.