50 sfumature di grigio: se Cenerentola si fa prendere a sculacciate
Innanzitutto un'avvertenza: una volta tornati a casa resistete alla tentazione di imitare i due protagonisti. Che è un attimo poi leggere sui giornali di casalinghe (ovviamente disperate) salvate dai vigili del fuoco perché il marito non riusciva più a liberarle da lacci, lacciuoli, cravatte e catene. O di attempate signore che, sfidando intrepide la menopausa, si procurano un trauma cranico perché con una benda sugli occhi hanno centrato in pieno lo stipite della porta. Sì, insomma: <50 sfumature di grigio> è un film <pericoloso>. Che una magari per San Valentino si aspetta il braccialetto (sì dai: magari anche quello col nome) e le arrivano in regalo le manette...
Ma com'è quindi l'ultra attesa traduzione per lo schermo del romanzo porno chic a sfondo erotico/rosa da oltre cento milioni di copie vendute? Un film, a dirla tutta, più esplicito che sfumato, ma anche improbabile e noioso: una saga patinata e sado-demenziale che è molto più vicina a <Pretty woman> che non a <Nymph()maniac> (o a <Histoire d'O>). Tanto che per le oltre due ore di durata ti chiedi se i due amanti tira e molla (ma pure la regista, Sam Taylor-Johnason, una pallida smagrita con fama di cougar) abbiano mai visto <Lezioni di piano> o, almeno, <9 settimane e mezzo>.
Per carità, non è che manchi l'abc, ma la storia costruita sull'archetipo (rivisitato in chiave, si fa per dire, <hard>) della bella e la bestia – con l'eroina che da brutto anatroccolo cerca di trasformarsi, a forza di sculacciate, in Cenerentola e il milionario fascinoso dal passato oscuro riscattato dall'amore – non è che sta molto in piedi. Anche perché i due personaggi faticano a rendere credibile anche un caffè al bar. Lei, Anastasia (Dakota Johnson, figlia di Don Johnson e Melanie Griffith), studentessa vergine con guardaroba da maria pentita, si morde il labbro come se ne avesse uno di scorta: poi un giorno incontra lui, Mr. Grey (Jamie Dornan della serie <The Fall>), che è molto tutto (elegante, seducente, ricco), e freme come nemmeno una tifosa del Napoli al cospetto di Maradona. Il problema è che lui nella stanza dei giochi non tiene la Playstation e che più che una fidanzata cerca una schiava da sottomettere: mentre la nostra, nel suo piccolo, si accontenterebbe di andare ogni tanto fuori a cena...
Ti cambio io che mi cambi tu, si arriva a un finale apertissimo (all'inevitabile sequel, soprattutto) con la fastidiosa sensazione di un film poco appassionante e coraggioso che, con ipocrisia tutta americana, cerca affannosamente alibi e giustificazioni alle perversioni del protagonista, libero sì, ma solo di essere <riabilitato>. Per la serie che se c'è qualcuno da prendere a scudisciate è la sceneggiatrice...