Café society: malincomico Woody nei romantici '30
La persistenza dell'amore. Che è nato ieri, ma bussa senza invito anche alla porta socchiusa dell'oggi. Come una foto d'epoca sul comodino impolverato della nostalgia: che è mai più, eppure sempre. Lo ha girato il Woody Allen più <malincomico>, un saggio 80enne che sa che <i sogni restano sogni> (già, proprio come al cinema...) e <il sentimento non corrisposto fa più vittime della tubercolosi>, il film più onestamente romantico di questo inizio di stagione: brindando a lume di candela ai cuori infranti, là dove l'amore perseguita chi non può farne a meno, fantasma della memoria di una vita che, parafrasando Shakespeare, <sembra una commedia scritta da uno sceneggiatore sadico>.
Debutto nel digitale di Allen, <Café society> ricostruisce in modo fiabesco l'Hollywood ruggente degli anni '30: lì dove arriva, in cerca di fortuna alla corte dello zio Phil, potente agente dei divi, il giovane Bobby. Che, attratto dallo show-biz, spalanca gli occhi davanti ai villoni delle star, ma viene conquistato dalle semplicità profonda di una segretaria, Vonnie: è amore. Sarebbe tutto perfetto se non fosse che la ragazza è innamorata (anche) del datore di lavoro di entrambi: lo zio Phil...
Elegantissimo (con quei movimenti di macchina dal fuori al dentro...), molto curato, divertente (la famiglia ebrea di Bobby è discretamente uno spasso) seppure col magone scritto sulla faccia di chi perde anche quando vince, la pellicola passa dalle porte girevoli del sentimento, raccontando l'età del jazz e dell'innocenza, quando illudersi, forse, era più facile.
Prima collaborazione dell'autore di <Manhattan> col nostro Vittorio Storaro, che vira in ocra d'antan l'Hollywood che fu distinguendola anche cromaticamente all'amata New York dove è cresciuto il regista, il film (che ha inaugurato lo scorso maggio il Festival di Cannes) è tra i migliori dell'ultimo Allen, anche se a volte sembra mancargli il colpo sotto, il guizzo che lascia a bocca aperta. Ma tra prostitute debuttanti, gangster ebrei convertiti al cristianesimo (<conviene: c'è la vita eterna>...) e intellettuali comunisti che non riescono a fare ragionare i rumorosi vicini di casa, è difficile non stare nella squadra di Woody, dalla sua parte. Che è sempre magistrale nella messa in scena come nella direzione degli interpreti: tra i quali brilla e seduce in particolare Kristen Stewart, bravissima. Una che dal vivo scompare come una scatoletta di carne in scatola al supermercato, ma sullo schermo se li divora tutti.