Woody Allen c’è: Un colpo di fortuna

E' davvero un «Coup de chance», un gran colpo di fortuna: sia che questo ragazzino di 87 anni continui senza sosta a fare film (siamo al numero 50! E speriamo, anche se lui tentenna, che non sia l'ultimo), sia che in giro, tra molta mediocrità, ci sia gente come lui capace ancora di dimostrare che la classe non è acqua. Perché il cinema di Woody Allen, rispetto a quello che si vede in giro, assomiglia a uno che a una festa si presenta in completo Armani mentre gli altri ci vanno in infradito.

Raffinato, très chic, molto charmant e altrettanto acuto, il primo film in lingua francese del maestro americano si immerge nella splendida fotografia dorata di Storaro per raccontare, con sottofondo jazz, la grande farsa sinistra della vita. Là dove, mentre le foglie morte - come scriveva Prévert - cadono a mucchi come i ricordi e i rimpianti, siamo solo pedine inconsapevoli nel gioco ingannevole del destino.

Parigi, oggi: Fanny, ex ribelle e sognatrice che alla lunga si è imborghesita, è sposata con il facoltoso Jean, un uomo che non crede alla fortuna, più appassionato ai trenini elettrici che alla poesia, che di mestiere rende più ricco chi già lo è: ma la donna, giovane e bella, incontra un giorno un ex compagno di classe, uno scrittore che cita Mallarmé e le confida di essere sempre stato innamorato di lei...

All'ombra di Simenon (anche citato), un romantico triangolo che sfocia nel noir: un bellissimo film sul caso (e su quello che si è, si è stati e si resta sempre) che si aggira in zona «Match point» (dove già la sorte aveva un ruolo più che decisivo) tra chiacchiere da upper class (il vuoto cosmico della ricchezza a cui il regista oppone la poesia dell'arte e del sentimento) e delitto e castigo. Sottile nell'intrigo, divertito e acuminato, Woody, complice un terzetto di interpreti molto bravi e in sintonia con il regista (se Melvil Poupaud, caro a Ozon, era una certezza, Lou de Laâge afferra il ruolo che può cambiarle la vita), gioca di fino, sgusciando tra coincidenze che non sempre lo sono, lasciando che l'amaro prevalga nettamente sul dolce.

Permettendosi però il lusso di un clamoroso colpo di scena degno di un deus ex machina: più che la ciliegina, la torta di autore straordinario che sa che il miracolo di vivere, di essere al mondo, non va sprecato. Né sottovalutato.