Vintage e fumettosa: se esplode l'Atomica bionda
E' tutto un po' molto in <Atomica bionda>. Tutto molto figo, fashion, vintage. Tutto molto post punk (anche grazie a quella colonna sonora da <Ottanta nostalgia>, tra i Depeche e i New Order, Falco e Nena...), tutto molto fumettoso (il film è tratto da una graphic novel e state certi che si vede), tutto molto action, botte, inseguimenti, bang bang e bum bum. E' <tutto molto> ancora prima che ti sei seduto, sin dal titolo, bello esagerato (e non poco compiaciuto), con tanto di locandina su cui ammicca (e ammacca) una sex bomb lesbo-tosta in versione platinata e ammazzasette. Glaciale agente segretissima di sua maestà in missione nella Berlino furiosa dove il muro vacilla, tra doppi e tripligiochisti, russi versus americani, traditori, comunisti senza Rolex e <colleghi> di cui fidarsi meno delle previsioni del tempo. Tutti, nessuno escluso, vogliono la stessa cosa: la lista con i nomi di chi si è venduto al nemico...
Folli inseguimenti, fughe improbabili, arti marziali, sparatorie in mezzo alla strada, luci al neon e colori acidi: e l'intreccio? E' un pretesto. Rassegnatevi: che il corpo a corpo conti più della trama in <Atomica bionda> è abbastanza chiaro già dai primi 15 minuti. Gli spy games che l'esordiente David Leitch, ex stuntman (si capiscono molte cose...) di grido (era quello che si faceva menare al posto di Brad Pitt in <Fight club>), scatena nella Germania dell'89 sono piuttosto fini a se stessi, al servizio (o alla mercé) di un cinema stilizzato, violento e spettacolare, tenuto in vita da un ritmo robustissimo e ostentato quanto le citazioni (da <Casablanca> in giù), buttate lì a pioggia. Ma la sostanza, nonostante il femminismo di ritorno e la confezione <pensata>, è un po' pochina; Leitch ci prende gusto, mostra i muscoli, lascia campo libero all'icona dura senza paura (in versione ghiaccio bollente) Charlize Theron: ma qui sarebbe servita più ironia che cazzotti, meno finto spaccato storico-politico a vantaggio di un divertimento maggiormente sottile. E anche il finale, dove si tarantineggia a tutto spiano, appare un po' fine a se stesso: giusta conclusione di un film che ci fa molto (ma molto) dentro.