A casa tutti bene: la tempesta di Muccino sull'isola che non c'è
Sull'isola (che non c'è) della felicità smarrita o ritrovata, tra il tempo buttato e quello solamente trascorso, Gabriele Muccino scrive un altro capitolo della sua riflessione sulla disgregazione e perseveranza dei sentimenti, avventurandosi in un sottogenere già molto frequentato (da Scola a Dolan...) come quello della riunione familiare. E con regia ariosa e bel taglio borghese gira un film corale e burrascoso dove fa a pezzi il mito ipocrita della famiglia. Un po' bello senz'anima però questo <A casa tutti bene>, che segna il ritorno in Italia del regista 50enne dopo la lunga parentesi americana: e in un'Ischia senza nome ritrova la sua Itaca, dimostrando sensibilità nel gestire più storie contemporaneamente (in una sorta di gioco di invisibili porte girevoli) e sicurezza nella direzione di un cast polifonico e all star, scontrandosi d'altro canto con una scrittura un po' basica, un congegno narrativo un po' vecchio.
Una grande famiglia festeggia le nozze d'oro di una coppia di ristoratori: ma bloccati dal mare grosso, figli e nipoti devono fermarsi più del previsto. Alimentando tensioni destinate ad esplodere...
Segreti, rancori mai sopiti, piccole e grandi vigliaccherie, figliol prodighi, rimorsi, <buddità>: tra coppie che scoppiano e altre che <fanno solo finta>, Muccino scatena la tempesta assaporando l'amarezza di vite e affetti strascicati. Il film ha un suo equilibrio e una sua verità, ma manca un po' di profondità: di vizio, di malattia, di spessore.