Filiberto Molossi Filiberto Molossi

Old man & the gun, l’addio di Robert Redford

 <A me non interessa guadagnarmi da vivere: a me interessa vivere>.

Giura che è il suo ultimo film, ma non ci crede nessuno: forse nemmeno lui. Anche perché rischia di mancarci – e non poco - Robert Redford, mito vivente di anni 82, che dopo avere annunciato il ritiro sembra già (per fortuna nostra) averci ripensato.

Ha il passo dell'addio, ma quello stemperato dall'ironia, anche <Old man & the gun>, una sorta di crime romance con i capelli tinti, un <Prova a prendermi> della terza età, divertente e jazzato, malinconico e intelligente: un film tributo con buoni momenti di scrittura che alterna il <guardie e ladri> più sfacciatamente simpatico e canaglia (e meno amaro rispetto a <Vivere alla grande>) a sentimenti over alla <Madison County>.

La storia - <quasi tutta vera> - di Forrest Tucker, bandito gentiluomo che all'alba degli anni '80, a 74 anni suonati, rapina banche senza mai sparare un colpo, usando sempre educazione e cortesia. Noto per le sue molteplici e rocambolesche fughe dalle prigioni di mezza America, Forrest e i suoi complici, sulle cui tracce c'è un detective non più tanto convinto del suo lavoro (Casey Affleck, in palla), ottengono anche l'attenzione dei media: che li ribattezza <la banda dei vecchietti d'assalto>...

Divertente, nostalgico senza vergogna (quegli spezzoni dei vecchi film di Redford, vero e proprio omaggio al divo...), godibile, il film di David Lowery (regista del prossimo <Peter Pan>) scivola via semplice, conservando sempre il sorriso sulle labbra: alla faccia dei nuovi calcoli per la pensione (100 e non più 100...), Redford mette fascino e rughe (ne ha in grandi quantità sia dell'uno che delle altre) in un film che ne esalta leggenda e peculiarità, facendoci abbracciare un personaggio incapace di tradire se stesso. Proprio come lui: che può cambiare mille maschere, ma non la propria natura di divo perbene.

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Manchester by the sea, tra colpa e redenzione nell'inferno in terra

C'è un cinema che è onesto, anche con se stesso: e racconta - anche quando sono <solo> storie -, le cose come sono, chiamandole col loro nome. E' un posto speciale dove puoi permetterti persino di non farcela: di non essere all'altezza, di non riuscire a buttarti tutto dietro. E' il cinema di cui fa parte anche il riuscitissimo <Manchester by the sea>, dolente coming home di Kenneth Lonergan (regista di sole altre due pellicole, di cui una, quella d'esordio, <Conta su di me>, molto riuscita), un film di sopravvissuti con poco da chiedere e troppo da espiare, dove l'elefante nella stanza (la verità che tutti sanno ma di cui nessuno parla) è la macchia umana che non puoi mondare.

Attraversato, anzi squarciato, da flashback che ridisegnano i confini della colpa, di un fardello troppo pesante, per chiunque, da (sop)portare, il film racconta di Lee, anonimo custode e tuttofare di condomini, richiamato in fretta al paese a causa della scomparsa improvvisa del fratello. Il quale, anche da morto, gli tira un brutto scherzo: nominandolo tutore, lui che ha un passato con cui non riesce a fare pace, del figlio sedicenne...

Candidato a sei Oscar (è, insieme a <Moonlight>, l'unico vero rivale dello strafavorito <La La Land>), commovente e intimista, il film di Lonergan (già sceneggiatore di <Gangs of New York>) è grande anche e soprattutto nel suo non volerlo essere, in quella capacità sottoesposta di coniugare i sentimenti e mescolare i toni, in quel dirsi tutto anche senza dirsi niente.

Scritto molto bene, senza pause, naturale e spontaneo nell'esposizione, <Manchester by the sea> - toccante sia nel rapporto goffo (che spesso sfocia nella commedia) tra zio e nipote (Lucas Hedges, una scoperta) come nel confronto drammatico (ma non caricato né morboso) tra Lee e i suoi demoni (splendida, non solo per intensità, la sequenza dell'incontro tra il protagonista e l'ex moglie, Michelle Williams)-, va in cerca di redenzione là dove non c'è rimedio, respirando l'aria autentica di giubbotti a metà prezzo, gite in barca, risse da bar. Mettendo al centro del suo universo un personaggio sconfitto e smarrito, nonché completamente <bloccato>, a cui viene concessa una seconda occasione: quella che coglie al volo Casey Affleck, non più solo <fratello di>, ma autore di una magnifica interpretazione in sottrazione.

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I 7 film da non perdere a febbraio

Quali sono i film da non perdere a febbraio? Noi ne abbiamo scelto sette: e no,  è inutile cercare "50 sfumature di nero". Non lo abbiamo messo...

1. MANCHESTER BY THE SEA

Il più credibile rivale di "La La Land" (insieme a "Moonlight") nella corsa agli Oscar. Un uomo schiacciato dalla colpa è costretto a prendersi cura del nipote adolescente. Film toccantee dolentissimo, ma attraversato da squarci improvvisi di ironia. Indimenticabile Casey Affleck.

Esce il: 16 febbraio

2. JACKIE

Come una regina senza corona, bellissima e sola, costretta a vivere nel ricordo: l'intimo ritratto dell'iconica vedova di Kennedy nel primo film americano del geniale Pablo Larrain. Molto più di un biopic, ma la fotografia della più sconosciuta tra le persone famose. Portman da Oscar.

Esce il: 23 febbraio

 

3. TRAINSPOTTING 2

Il sequel di un film mitico: Danny Boyle torna sul luogo del "delitto" e ci porta Ewan McGregor e tutta la banda. Riuscirà Mark a riconciliarsi con i suoi vecchi amic? Rimpianti, droga, ricordi, occasioni perdute: di sicuro il seguito più atteso dell'anno.

Esce il: 23 febbraio

 

4. MOONLIGHT

Amatissimo dai critici Usa, candidato a 8 Oscar, è l'avventurosa scoperta di sè, in tre movimenti, di un ragazzo afroamericano omosessuale. Stile empatico e morbido per una parobola umana che più di tutto è un processo interiore. Ha cose molto belle: un outsider dalle spalle larghe.

Esce il: 16 febbraio

 

5. LA BATTAGLIA DI HACKSAW RIDGE

Storia vera dell'obiettore di coscienza che si arruolò volontario nell'esercito nel '42 e in tutta la guerra non imbracciò nemmeno un'arma: diventando ugualmente un eroe. Mel Gibson torna alla regia e non guarda alle mezze misure: epica, sangue e morale. E 6 nomination all'Oscar.

E' uscito: il primo febbraio

 

6. 150 MILLIGRAMMI

Davide e Golia nei nostri giorni malati: dove la medicina, a volte, sono peggio della cura. La battaglia ostinata di un medico di provincia contro un colosso farmaceutico:  un film indignato e civile, una pellicola di denuncia autentica e informale.

Esce il: 9 febbraio

7.  BARRIERE

Anni '50: uno spazzino di colore, ex promessa del baseball, resiste a ognio sopruso e cresce i figli con rigore. Denzel Washington dirige se stesso ie Viola Davis in una storia da Pulitzer che ha portato al successo in teatro. Settima nomination all'Oscar (da attore) per Denzel.

Esce il: 23 febbraio

 

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I 10 film da non perdere nel 2017

Fra poco l'anno svolta ed è già 2017: ma quali sono i film che non si possono perdere l'anno prossimo? Tanti, questo è certo: più di dieci non c'è dubbio. Ma noi abbiamo provato comunque a stilare la top ten di quelli che vanno assolutamente visti: i più attesi, i più indefinibili e, in alcuni casi, i più belli.

1. LA LA LAND

Mi sembra già di sentirvi: io i film dove cantano e ballano non li vado a vedere. Beh, cambierete idea: e se non la cambierete sarà solo peggio per voi. Il capolavoro neo romantico del giovane regista di "Whiplash": un film bellissimo, che ti resta dentro. Nonché il grande favorito agli Oscar.

Esce il: 26 gennaio

2. SILENCE

Due gesuiti alla ricerca del loro mentore nel Giappone crudele del 17° secolo: il progetto che Martin Scorsese sognava di portare sullo schermo da 30 anni. Dopo la voracità dei lupi di Wall Street, l'ascetismo della fede. Per metttersi la tonaca Adam Driver ha perso 23 chili.

Esce il: 12 gennaio

3. MANCHESTER BY THE SEA

Un uomo schiacciato dal passato e dalla colpa è costretto dagli eventi a prendersi cura del nipote adolescente. Un dolentissimo coming home, un film di sopravvissuti con poco da chiedere e troppo da espiare. Toccante e riuscitissimo: con un magnifico e indimenticabile Casey Affleck.

Esce il: 16 febbraio

4. JACKIE

Come una regina senza corona, bellissima e sola, costretta a vivere nel ricordo: il magnifico e intimissimo ritratto dell'iconica vedova di Kennedy nel primo film americano del geniale Pablo Larrain. Molto più di un biopic, ma la fotografia della più sconosciuta tra le persone famose. Portman da Oscar.

Esce a:  febbraio

5. ARRIVAL E BLADE RUNNER 2049

Ok, abbiamo barato: sono due film. Ma il regista, sempre più lanciato, è lo stesso: Denis Villeneuve. Che prima ci sorprenderà con un alto e toccante esempio di fantascienza filosofica. E poi proverà a stupirci con una sfida impossibile: il sequel di Blade runner, dove Ryan Gosling incontra Harrison Ford.

Escono il: 19 gennaio (Arrival) e 17 ottobre (Blade runner 2)

6. DUNKIRK

Salvate il soldato Nolan: che va alla guerra e scomoda persino la più clamorosa e epica evacuazione della seconda guerra mondiale, quella di Danquerke. Il grande regista visionario si misura col cinema bellico: in un'anabasi dolorosissima piena di eroismo e paura. Perché sopravvivere è l'unica vittoria.

Esce il: 31 agosto

7. MEKTOUB IS MEKTOUB

Dopo lo splendido La vita di Adele, il franco tunisino Kechiche promette di fare parlare ancora di sè: e rilegge, con un adattamento molto libero, un altro libro dell'autore de La classe. Storia di un giovane sceneggiatore, di una ragazza affascinate e della moglie un produttore: tra aspirazione e sentimento.

Esce il: non c'è ancora una data

8. THE FOUNDER

Chi non vorrebbe conoscere la storia del fondatore di McDonald's? Una spietatariflessione sul sogno americano che ha diviso i critici negli States. Ma la performance di Michael Keaton sembra già irresistibile dal trailer. Un filmda mordere.

Esce il: 12 gennaio

9.  DOPO L'AMORE

Scene da una separazione: cosa succede quando finisce un amore? Tutto nelle quattro mura di una casa,  un film denso e tesissimo che coglie, con esattezza di sentimenti, disagio, rancore, insofferenza e fallimento di un sogno in frantumi che non si può più riparare. Attori super.

Esce il: 19 gennaio

10. BORG VS MCENROE

La finale a Wimbledon del 1980, quella del famoso tie break dei 34 punti, la stessa che oggi è considerata la più bella partita di sempre: ma con Shia LaBeouf nei panni di McEnroe... Non vi viene voglia di correre a vederlo? Dopo Lauda e Hunt, un'altra grande rivalità sportiva accende il grande schermo.

Esce in: autunno

 

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Il fuoco della vendetta: la mia recensione

 

E' l'America dove la classe operaia non va in paradiso, quella proletaria che sputa sangue e fatica in paesi-fabbrica e beve un whisky in un sorso solo, tra fumo di ciminiere e sensi di colpa: l'America pre Obama e provinciale dei vecchi che muoiono in casa e dei reduci che fanno a pugni per sopravvivere, dove gli uomini sono uomini per davvero, di quelli che si parlano a due centimetri di distanza fissandosi negli occhi. C'è quel Paese lì, primitivo e disilluso, ne «Il fuoco della vendetta», un western moderno, ruvido e virile, che rende omaggio a «Il cacciatore» e cerca vendetta (o giustizia, fate voi) sulle note dei Pearl Jam.
Prodotto da Leonardo DiCaprio e Ridley Scott e diretto da Scott Cooper (il regista, con tante qualità e alcuni limiti, di «Crazy heart»), «Out of the furnace» (questo il titolo originale con cui venne presentato al Festival di Roma l'anno passato), è un film violento e minaccioso che, dopo un bellissimo prologo al drive in, tempera rabbia e amarezza sulla pelle dei working class heroes: gente come Russell, operaio in acciaieria, pochi grilli per la testa, e di suo fratello minore Rodney, avanti e indietro dall'inferno dell'Iraq e un certo talento per mettersi nei casini. Quando quest'ultimo, finito nel giro dei combattimenti clandestini, scompare nel nulla, Russell si mette alla sua ricerca...
E' fatto di carta vetrata, ispido e accogliente come un maglione di lana grezza dopo una giornata di pioggia, feroce quanto lo sa essere la vita, «Il fuoco della vendetta»: una pellicola raccontata a mani nude dove esce forte la famiglia (e i suoi legami indissolubili, quasi fossero un patto d'onore, un accordo non scritto), un film (che si sarebbe dovuto chiamare «Polvere alla polvere»: il titolo attuale è stato suggerito al regista da Malick), dove c'è una legge oltre la legge, in cui l'ambientazione periferica e marginale sopperisce a un copione non particolarmente originale, che nell'ultima mezz'ora si fa prevedibile. 
Cooper non ha ancora le spalle larghe dell'autore, ma sa dare un valore alle «piccole» cose e la necessaria densità a una sequenza. E soprattutto è un ottimo direttore di attori, qui servito egregiamente da un cast all star: ma se Christian Bale e Casey Affleck valgono il prezzo del biglietto, è Woody Harrelson a fare la differenza: vera e propria incarnazione del male assoluto che a chi ha il coraggio di chiedergli a muso duro «hai problemi con me?» risponde «ho problemi con chiunque».

 

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