Protagonisti, 2025 Filiberto Molossi Protagonisti, 2025 Filiberto Molossi

Il buco e la ciambella: David Lynch, il regista dal cuore selvaggio

Ha avuto genio - e stile -, lui che ha passato una vita con la camicia abbottonata fino al colletto, anche nell'uscita di scena. Con quelle parole scolpite sui social dalla sua famiglia che dicono molto di quello che è stato e ancora è: «C'è un grande vuoto nel mondo ora che non è più con noi. Ma, come diceva lui, “guardate la ciambella e non il buco”». In fondo c'è il sole, «it's a beautiful day». Amen. Ma se davvero volete guardare la ciambella - e sarebbe ora di decidersi a farlo - vi trovereste davanti a una delle personalità più visionarie, urticanti e inclassificabili del cinema degli ultimi 50 anni, un autore mai rassicurante né conformista che ha destabilizzato il senso stesso della visione. Andate a rivedervi la scena dell'incidente di «Cuore selvaggio», il film al quale Bernardo Bertolucci consegnò riconoscente la Palma d'oro di Cannes. O i brutti tizi che battono le dita sul tavolo in «Mulholland Drive», uno dei film più seducenti di sempre. Ricordo la prima a Cannes, gli sguardi persi nel vuoto all'uscita. E la ragazza che aspettava il taxi accanto a me: «Non ho capito niente: ma è bellissimo». Ma penso anche a John Merrick, il protagonista umano troppo umano di «Elephant Man», all'Isabella Rossellini, scandalosa e magnifica, di «Velluto Blu» e naturalmente a «Twin Peaks», che inventò il concetto moderno di serialità: per noi ventenni cresciuti con i quiz di Mike Bongiorno e i Sanremo di Baudo fu uno choc. Da cui, fortunatamente, non ci siamo mai ripresi. Non è mai stato banale: non nei film, né nelle scelte, né negli spot (uno anche per la Barilla con Depardieu) o nei video musicali. Ha insegnato a tutti senza pretendere da nessuno di essere seguito. Fai buon viaggio: chissà, forse almeno in Paradiso si può ancora fumare.

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2022, Recensione, Festival Filiberto Molossi 2022, Recensione, Festival Filiberto Molossi

Illusioni perdute, la straordinaria attualità di Balzac

‌‌‌L'avventura della bellezza in un mondo marcio: ma è l'800 divorato dall'oscenità del cinismo descritto da Balzac o piuttosto sono i giorni nostri? Fatta emergere con passione l'attualità prepotente e viscerale di uno scrittore immortale, il francese Xavier Giannoli (spesso sottovaluto: andate a rivedervi «A l'origine») rilegge in un film ricchissimo ma mai sfarzoso le «Illusioni perdute», uno dei «testi sacri» della grande letteratura francese, cogliendone, nell'universalità dei temi, lo spirito più contemporaneo. Raffinata nella ricostruzione ma mai inerte né illustrativa o calligrafica, la pellicola, sospesa tra spaccato d'epoca e romanzo di formazione, racconta con l'aiuto della voce fuori campo di uno dei protagonisti (l'alter ego dello scrittore) la vicenda umana del giovane Lucien, tipografo dalle scarse possibilità, che parte per Parigi con la bella nobildonna di cui è l'amante e l'ambizione di imporsi grazie alle sue poesie: scontrandosi però con la crudeltà di una capitale che ha costruito la Restaurazione sulla logica del profitto e di un liberalismo già senza regole, nei giorni in cui «il denaro era la nuova aristocrazia e nessuno voleva tagliargli la testa». La macchina del fango, lo scontro tra classi, la corruzione, il desiderio, frustrato, di elevarsi socialmente, l'assenza di etica, le fake news: in quel passato in cui affonda le radici (e gli artigli) anche il presente, Giannoli, tra editori analfabeti che confidano che l'ananas ci salvi dalla poesia e prezzolati venditori di pettegolezzi sedotti dal successo, sprigiona la forza di un cinema che sarebbe ingiusto e fuorviante definire (o liquidare come fa qualcuno) «de papa», quando invece lo stile e la narrazione classica esaltano, grazie a un efficacissimo montaggio (oltre 2 ore e 20 che passano senza fatica) e a uno sguardo che si nutre della bellezza degli oggetti (tra fiumi di champagne e di inchiostro), la traduzione per immagini di un testo servito con gran talento da un gruppo di attori e volti formidabili (a parte il protagonista Benjamin Voisin, molto bravo, Cécile de France, Vincent Lacoste, Gerard Depardieu e il regista Xavier Dolan, per citarne solo alcuni) del cinema francofono. Interpreti ispiratissimi della commedia umana, in un mondo dove, ieri come oggi, tutto è miseramente in vendita.

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