Vi presento Toni Erdmann, un padre in maschera e la famiglia come gioco di ruolo
Le persone normali non hanno nulla di eccezionale: vale anche per i film. Specie per questo, che va contromano in un senso unico e svolta a destra dove c'è l'obbligo di andare nella direzione opposta. Che fa sempre la cosa che non ti aspetti, spiazzante per natura e singolare per definizione, felicemente (e volutamente) inclassificabile nella sua paradossale capacità di non dare mai punti di riferimento.
Bizzarro sin dall'assunto, <Vi presento Toni Erdmann>: una commedia tedesca (cos'è, un ossimoro?) lunga oltre due ore e quaranta, diretta da una donna il cui cognome più che leggerezza evoca l'oltretomba, con due interpreti sconosciuti ma straordinari, una varietà di toni anche molto stridenti tra loro e scelte narrative improvvise ma non improvvisate. Il film-caso, se vogliamo, della stagione, osannato al Festival di Cannes (dove non ha vinto niente) e benedetto dagli Oscar europei (dove ha vinto tutto), in grado di conquistare i critici americani (già in cantiere una versione Usa con Jack Nicholson nei panni dell'imbarazzante protagonista) come quasi un milione di connazionali in patria.
Terzo film, umorale e squilibrato, divertente e insieme amaro, in 13 anni di carriera della quarantenne Maren Ade, <Vi presento Toni Erdmann> è l'agrodolce e provocatorio (e in parte autobiografico) ritratto di uno sfilacciato rapporto padre/figlia. Lei, donna sin troppo in carriera, ha perso la gioia di vivere: e allora lui, incontenibile anticonformista, si traveste fingendosi qualcun altro, nel tentativo di darle una scossa. La famiglia come gioco di ruolo, tra affetti e implacabili meccanismi sociali, in una commedia drammatica un poco sopravvalutata che però, sul filo del non sense, conosce sequenze potenti (quando la protagonista canta una canzone di Whitney Houston) o anche assolutamente (il naked party) esilaranti.