I dieci migliori film del 2021!
Con un accenno di ritardo (ebbene sì) ma pu sempre in tempo: ecco i dieci migliori film dell’anno appena passato. dal decimo al primo. Con qualche perché. Una sola regola: solo film usciti in sala a Parma nel corso dell’anno scorso. E una domanda: il vostro numero 1 qual è?
10. PETITE MAMAN
Per la sua dolcezza inclassificabile, per la tenerezza ”inaudita”. Perché ho visto film più importanti, ma questo mi ha fatto pensare a una foto di mia madre.
9. IL COLLEZIONISTA DI CARTE
Perché c’è tutto Schrader: la colpa, l’espiazione, la vendetta. E perché usa un sottogenere come quello del poker in modo inedito e «politico». Dimostrando di conoscere le regole del gioco.
8. SCOMPARTIMENTO N. 6
Perché su quel treno diretto alla fine del mondo ci siamo saliti tutti: e per Juho, il regista, che è una persona splendida, che ama quanto me gli anolini e il nocino. Ma forse anche di più.
7. MADRES PARALELAS
Perché sono due film e solo quel matto di Pedro poteva metterli insieme: e perché non c’è Storia, grazie a Dio, che resti muta, che accetti di stare zitta.
6. A CHIARA
Per la festa, che ti sembra di esserci dentro, perché cerca la verità dove la verità è un tabù, per Jonas e Swamy che sono una meraviglia.
5. UN ALTRO GIRO
Perché non è un film sul bere. È un film sui limiti: morali, umani. personali. E perché tra molti film perbenisti o a tesi, ha il coraggio di non esere né l’uno né l’altro.
4. THE FATHER
Perché è una grande riflessione sul complotto della terza età: travestita da dramma da camera. E perché diventare vecchi a volte è un film dell'orrore.
3. DRIVE MY CAR
Perché quella Saab ha portato in giro anche noi, tra Cechov e qualche cicatrice. E perché ci vogliono gli attributi per fare un prologo di 45 minuti.
2. E’ STATA LA MANO DI DIO
Perché la realtà è scadente, ma Sorrentino no. E questo è il suo film più personale e straziato, più intimo e sincero.
1. NOMADLAND
Perché è dedicato ai dimenticati. E agli invisibili, agli emarginati. A chi è nessuno per il mondo e nel mondo, in questo mondo, non si riconosce.
Nomadland, l'eterno viaggio degli invisibili
«Ci vediamo sulla strada».
Dedicato ai dimenticati. E agli invisibili, agli emarginati. A chi è nessuno per il mondo e nel mondo, in questo mondo, non si riconosce. Su e giù per le badlands, lungo le strade di un’America desolata, in cerca di qualcosa di bello, ovunque esso sia. Tra enormi dinosauri di gomma e piatti del servizio buono che non ci fai più nulla: avanti e indietro, già smarriti in un part time dietro l’altro, con pensioni ridicole dopo avere sgobbato una vita, per non sentirsi solo un pacco difettoso di Amazon sotto Natale. Eppure andare: come se non fosse rimasto altro da fare. In fuga, perenne (ma non sempre obbligata), dalle logiche del capitalismo e del consumismo, per ritrovarsi - in qualche lontano altrove - comunità, gruppo, tribù. Prima di ripartire, nuovamente soli. E’ un’umanità sradicata, privata a forza del sogno americano (ormai ridotto a riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena), piena di fantasmi e sopravvissuti, quella che viaggia sullo schermo in «Nomadland», il film dei tre Oscar (miglior film, regista e attrice protagonista: tutti strameritati), già Leone d'oro all'ultima Mostra di Venezia: un «Furore», ruvido e elegiaco, del terzo millennio che puzza di benzina e sa di abbandono, là dove il viaggio è prima necessità e poi destino, stato d’animo, identità. Vittima della grande crisi economica, dopo il crac di una città-azienda nel Nevada e la morte del marito, l'ex prof Fern (Frances McDormand, strepitosa) carica i bagagli sul suo furgone e - come tanti altri nomadi moderni - lo trasforma nella sua casa... Springsteeniano, autentico, sentito, «Nomadland» della cinese d'America Chloé Zhao è un film toccante e struggente che va alla costante ricerca di ciò che sta oltre l’orizzonte, sublimando, nel mescolare attori professionisti a veri «nomadi» on the road, l’incontro simbiotico tra realtà e finzione, in una continua, ed emozionante, invenzione del vero. Sulle strade dell'America altra, dove gli houseless privi di frontiere (nuove o vecchie che siano), messi da parte eppure liberi, vagano alla ricerca di scampoli di solidarietà: per trasformare una scelta obbligata in una scelta di vita.