La corrispondenza: c'è posta per te, ma Tornatore sbaglia indirizzo
Fantasma d'amore: si interroga sulla persistenza di un sentimento assoluto, invincibile, ostinato, permanente, là dove si agita angosciata ma non rassegnata l'ambizione di eternare un abbraccio altrimenti perduto e l'assenza (come scrive Attilio Bertolucci) è «più acuta presenza», il nuovo film di Giuseppe Tornatore. Che sceglie ancora la via del mistery (come già in «Una pura formalità» e ne «La migliore offerta») per risolvere il mistero, l'enigma, più grande: quello dell'amore che supera ogni ostacolo, che vince (e sopravvive a) tutto, che è «per sempre». Come la luce delle stelle che continuiamo a vedere (quante volte l'abbiamo già sentita questa?) anche se si sono già spente.
Sessant'anni a maggio, il regista di «Nuovo cinema paradiso» si veste da ultrà del romanticismo alzando nuove barriere (ne «La migliore offerta» era un muro, qui la distanza) all'interno del suo discorso amoroso: ma scottato da una partenza falsa, il suo film - che racconta la relazione clandestina e indissolubile tra un professore universitario (Jeremy Irons) e una studentessa (Olga Kurylenko) - si smarrisce presto tra dialoghi talvolta pessimi, personaggi improbabili (lei, bella come una modella, si mantiene agli studi di Astrofisica facendo la stunt woman: sì va beh...) e simbolismi (il cane triste, la foglia morta che batte sul vetro) un po' posticci. Sms, e-mail, skype: tra autoanalisi e elaborazione del lutto, Tornatore guarda all'amore al tempo di WhatsApp opponendo al ricorso ossessivo della tecnologia un linguaggio volutamente letterario. Ma molto suona fasullo: e non basta vedere dentro a «La corrispondenza» la metafora di un'immagine (e di un cinema) che aspira (invano?) all'immortalità o la perfezione emozionale di un istante imperfetto per aspettare che il corriere dell'anima ci porti un altro messaggio, il prossimo pacco, l'ennesimo dono.