Perfect day: finché c'è guerra (e ironia) c'è speranza
Vent'anni fa, <da qualche parte nei Balcani>, in una zona famosa per due cose, lo yogurt e il senso dell'umorismo: dove il teatro di guerra diventa teatro dell'assurdo e l'acqua costa sei dollari al secchio. Ma certe ragazze sono così belle (<Sei diversa dall'ultima volta>. <Sì, sono vestita...>) che ti fanno scordare anche le case dilaniate, le strade sterrate, le vendette sommarie. E' un film senza protocollo, figlio del paradosso, che cammina agile sul terreno minato della dissonanza, <Perfect day>, stallo reale ed emotivo di un gruppo di sradicati (<casa tua è ovunque dove ci sia bisogno d'aiuto>) in realtà in perenne movimento: a costo di tornare al punto di partenza e lanciarsi nell'ennesima missione probabilmente urgente, sicuramente umanitaria e forse inutile. O forse no.
Una pellicola matrioska, come la definisce giustamente lo spagnolo Fernando Leon de Aranoa, regista anche de <I lunedì al sole> (bello vero: recuperatelo): un dramma dentro a una commedia dentro a un film di guerra dentro un road movie. Una storia che non sfugge i generi, ma, anzi, tra schermaglie sentimentali, bambini che vogliono un pallone e un <rat pack> di angeli con la faccia sporca, li moltiplica: giocando sul contrasto continuo dell'amaro e del dolce, del serio (e a volte tragico) e del faceto.
La giornata (per nulla perfetta) di alcuni cooperanti alla fine della guerra dell'ex Jugoslavia: il disilluso che vorrebbe chiuderla qui, il <matto> che non ha nessuno che l'aspetta, la pivellina idealista, la tosta arrabbiata. Squadra imperfetta per un match senza regole: ma c'è un morto da tirare su da un pozzo. Peccato che nessuno abbia una corda...
Bel ritmo, retorica assente, ottimo cast internazionale (Benicio Del Toro, Tim Robbins, Olga Kurylenko, Mélanie Thierry, Sergi Lopez...) e soprattutto un tono da commedia, spesso scanzonata e sarcastica, calato in un contesto assolutamente drammatico. La chiave giusta che fa la fortuna di questa pellicola rock e corale, che guarda a <Mash> ed è già stata applaudita a Cannes: un film in cui la battaglia contro i mulini a vento di chi, per vocazione e per mestiere, porta aiuto agli altri non ha il passo grave dell'impegno sbattuto in faccia, ma diventa piuttosto riflessione disincantata sull'assurdità dell'odio e del rancore, là dove la prima vittima della guerra è ancora e sempre la ragione.