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Papa Francesco, il rivoluzionario sorridente che strego’ Wenders

E' il rivoluzionario deciso a farsi ascoltare da un <mondo sordo>, il pacifico guerriero che combatte la globalizzazione dell'indifferenza, il carismatico leader politico di uno Stato minuscolo che conta però su milioni di - fedeli - sostenitori. E, più di tutto, <Un uomo di parola>. Lo stesso che a chi si accanisce a costruire muri, dice: <Fate ponti, piuttosto>.

In nome del Papa re (degli ultimi, degli esclusi, dei rifiutati), Wim Wenders racconta, come nessuno ha fatto prima, un ribelle chiamato Francesco: l'apostolo dei giusti arrivato dalla fine del mondo, il servo di Cristo che viaggia in utilitaria e  inizia ogni giornata con un sorriso. Un documentario, <Papa Francesco. Un uomo di parola> - nato grazie all'iniziativa di Solares, fondazione parmigiana  -, in cui il santo padre si rivolge direttamente al pubblico  spiegando la sua idea etica del mondo.

La difesa del lavoro, la forte spinta ecologista, la lotta contro la cultura dello scarto,  lo <scandalo> della povertà, la pedofilia, il cambiamento che deve partire dall'interno: messo di fronte ai temi più urgenti e scottanti dell'oggi, il Papa non si tira indietro cercando quasi un dialogo immaginario (ma a senso unico) con lo spettatore. Wenders si fa piccolo davanti a Bergoglio, che in un certo senso se lo <mangia>: più che un film sul Papa, un film <del> Papa. Di cui il regista de <Il cielo sopra Berlino> celebra l'enorme peso sociale montando insieme vari estratti dei suoi discorsi pubblici, ma anche attraverso (è il rischio più grande – e meno risolto - che si prende il film) un parallelo con San Francesco, gran visionario alla perenne ricerca, come il Papa che porta il suo nome, di un mondo più solidale, equo, finalmente in pace.

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Chiamatelo Francesco: il Papa che venne dalla fine del mondo

<Da che parte stai prete?>. <Da quella di Gesù>.

Chiamatelo Francesco: il missionario mancato, il gesuita che ubbidiva solo agli ordini della sua coscienza, il sacerdote degli ultimi esiliato a dare speranza dove a regnare era solo la disperazione. Ma anche il tifoso del San Lorenzo, lo studente timido e fidanzato, il Papa che viene <dalla fine del mondo>. Lo ha girato un laico mettendosi nei panni di chi crede, evitando il santino ma cercando invece l'uomo, il film (quasi un instant movie) su Jorge Mario Bergoglio, il vicario di Cristo che mangia in mensa come uno di noi e salda i conti negli alberghi dove ha alloggiato. Non tanto il Papa del sorriso quanto, nella seria ricostruzione di Daniele Luchetti, un'anima inquieta, accigliata, per il destino spesso amaro dell'umanità, un uomo di Dio interessato e coinvolto dal prossimo suo che si caricò sulle spalle le preoccupazioni del mondo: e con fede, coraggio e compassione affrontò, per lenirle, ingiustizie tragicamente terrene.

Pensato inizialmente per la tv (la matrice è chiara e non a caso sul piccolo schermo ne verrà trasmessa una versione di 4 ore in due puntate), <Chiamatemi Francesco> ha il merito di preferire la dimensione realistica e storica del personaggio Bergoglio a quella agiografica o retorica, facendo un ritratto molto umano, informale, vicino, intimo, di un Papa costretto (ben prima di giungere al soglio di Pietro) a lottare tutta la vita con il sistema, con i lacci e i nodi del potere, che fosse quello – feroce – dei militari o quello del denaro, la speculazione edilizia piuttosto che una Chiesa che preferiva fare finta di non vedere né sentire.

Dall'Argentina del dopo Peron agli anni terribili e infernali della dittatura (il cuore del film), alle messe celebrate nelle baraccopoli tra galline e maiali all'ultimo conclave: utilizzando due interpreti (Rodrigo De la Serna, molto intenso, è Bergoglio da giovane mentre Sergio Hernandez è il Papa poco prima dell'elezione), Luchetti segue in maniera lineare (sin troppo, a tratti) più di mezzo secolo di vita di un uomo incapace di omologarsi. Il film è puntuale, convinto, corretto, coerente: se mai, il limite è nel volere raccontare (per quanto con un piglio a sprazzi autorale) in modo convenzionale un personaggio <rivoluzionario>. Che appare più forte e appassionato, nella sua verità, di qualsiasi riduzione cinematografica.

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