No time to die: l'ultimo giro in giostra di 007
Ci sono due cose che dovete sapere subito sull'ultimo 007: la prima è che si tratta di un film pieno di sorprese, alcune davvero clamorose. La seconda è che non ne scoprirete nessuna leggendo questo articolo: perché Bond appartiene alla cosmogonia del cinema, è sacro. E non si può (e non si deve) spoilerare. Ma di certo va detto che è valsa la pena attendere mille e più rinvii a causa di una pandemia più crudele e arrogante della Spectre: perché l'ultimo giro in giostra di Daniel Craig, per la quinta volta nei panni dell'agente segreto di sua maestà, ha un effetto tellurico capace di rimettere in discussione l'intera saga, di ripensarla da capo. Così come il «Casino royale» del 2006 ha rappresentato il felice e coraggioso restart che ha dato nuova linfa a un personaggio a rischio agonia, «No time to die» chiude il cerchio e cambia in corsa le regole del gioco, non solo portando il nostro amico James a una dimensione più sentimentale, quasi familista, ma riscrivendo, fatti salvi, of course, smoking d'ordinanza e Vodka Martini agitati e non mescolati, i codici narrativi e il destino di un eroe chic che da quasi 60 anni ha la licenza di uccidere e di farci divertire. E allora giù come i pazzi tra i Sassi di Matera, sparando a qualunque cosa si muova nella Cuba post Fidel, oppure fingendo di annoiarsi in un buen retiro targato Giamaica: là dove il «passato non è morto» è sempre più difficile immaginarsi anche un futuro. Ci prova Cary Fukunaga (quello del primo, bellissimo, «True detective»), primo americano a dirigere un film della saga ufficiale (giunta al 25° episodio) che immagina uno 007 in «pensione» e lontano dai guai: peccato siano a loro che lo vengano a cercare. In ballo c'è un'arma di distruzione di massa, un virus subdolo (allegria...) che può condannare l'umanità alla morte o (il contatto è letale...) alla solitudine: per Bond è tempo di rimettersi in gioco. Girl power, depistaggi, fuori strada e altrettanti fuori programma: dopo una prima parte a tutta action, «No time to die» scala un paio di marce e sulle note roche di Billie Eilish coglie fragilità e amarezza di un mondo costretto al ridimensionamento. Riesumata la nostalgia, non c'è addio facile da dare: e se il cattivo stavolta non è particolarmente all'altezza (Rami Malek, il Freddie Mercury del film sui Queen) e il regista patina in maniera sin troppo accentuata le sequenze sentimentali, pazienza. «E' una bella vita, non è vero?». «La migliore».
Nomination all'Oscar: ecco i magnifici 8
Rivelate le nomination all’Oscar: sono 8 le pellicole in lizza per il migior film. In un anno nel segno della musica e del black power, a guidare la fila sono però due film d’autore, uno di un regista messicano e l’altro di un greco, che hanno trionfato alla Mostra di Venezia. Ma scopriamo chi gioca per vincere l’Oscar più importante e quante nomination hanno portato a casa.
10 NOMINATION
LA FAVORITA
Non è un gioco di parole: “La favorita” rischia davvero di recitare la parte del grande favorito. Gran premio della giuria a Venezia, è una sarcastica e feroce riflessione sul potere, ambientata nel ‘700 ma ancora attualissima. Attrici da urlo e dietro la macchina da presa il regista più originale degli ultimi dieci anni.
ROMA
Roba da non crederci: si ripete la sfida di Venezia, dove Cuaron vinse il Leone d’oro proprio davanti a “La favorita”. Toccante ritratto familiare, girato in un bianco e nero intimista, è candidato anche come miglior film straniero. Il regista affida i suoi ricordi bambini alla tata: un amarcord affettuoso e riconoscente.
8 NOMINATION
BLACK PANTHER
Un kolossal Marvel in corsa per il miglior film? Si può fare. Forte di un enorme successo, ma pure di recensioni sperticate (soprattutto negli Usa), i supereroi in quota black power portano l’intrettenimento più spettacolare al tavolo dell’alta società. Può essere già contento così, ma non si escludono colpi di scena.
A STAR IS BORN
A mio parere un poco sopravvalutato, ma è piaciuto tanto tanto: i romantici di tutto il mondo fanno il tifo per lui, anche se le sue quotazioni (è uscito ridimensionato dai Golden Globes) sono leggermente in discesa. Appare scontata la vittoria di Lady Gaga per la miglior canzone, più dura il premio come migliore attrice.
VICE
Per capire gli ultimi 20 anni (e più) di storia americana basta guardare Christian Bale che si sciaqua la bocca col colluttorio: è già tutto lì. Bel taglio moderno e ironico per uno dei film più intelligenti e rivelatori del lotto dei papabili. Cinema politico e iconoclasta, che si toglie la polvere di dosso e i sassolini dalle scarpe.
6 NOMINATION
BLACKKKLANSMAN
Un grande ritorno: Spike Lee ritrova la vena giusta e gira una storia incredibilmente vera dove farsi gioco dei razzisti per poi però, amaramente, constatare che in America passano gli anni ma non cambia mai niente. Una commedia politica molto ben scritta con un forte sottofondo di rabbia e di denuncia.
5 NOMINATION
BOHEMIAN RHAPSODY
Arriva tra i film dell’anno sull’onda di un successo mondiale: il film più visto del 2018 in Italia va oltre l’omaggio ai Queen e celebra la parabola umana del divo Freddie. Ha molto per piacere anche se non tutto (specie in fase di scrittura) è da Oscar. Parte di rincorsa e si acconterebbe forse del premio al miglior attore. Who wants to live forever?
GREEN BOOK
Il vincitore dei Golden Globes forse si aspettava qualche candidatura in più: amato più dal pubblico che dai critici, è una sorta di A spasso con Daisy rovesciato, molto classico ma con la punteggiatura nei posti giusti. E E due grandi interpreti. Tra i molti litiganti, proverà ad essere quello che si imbuca al fotofinish.