Sean Connery, il primo e l'unico
È stato il primo: ma, per tutti, anche l'unico. Non perché gli altri, quelli che sono venuti dopo, non fossero bravi, affascinanti, dotati di charme e ironia. Ma perché solo lui era lui: il suo nome era Connery, Sean Connery. C'è un solo Bond, anche se ce ne sono tanti: e lo ha interpretato questo signore qui, scozzese purosangue, figlio di una cameriera e di un camionista, che all'epoca di indossare lo smoking di quello che sarebbe diventato l'agente segreto più famoso del mondo stava già cominciando a perdere i capelli. Ma nemmeno il più lesto dei parrucchini può scalfire il mito di questo gigante del cinema, fiero delle sue due lauree ad honorem, lui che aveva abbandonato la scuola a 13 anni e si era arruolato in Marina. Uno che per campare nella vita aveva fatto tutto, persino lucidato le bare, oltre che il bagnino, il muratore e i concorsi di bellezza. Poi l'incontro con la recitazione: qualche parte in tv ed è subito Bond. Che lui, a dire il vero, all'inizio nemmeno ci andava pazzo per quell'irresistibile spia con la licenza di uccidere. Ma così come Eastwood fu capace di abbandonare il poncho del pistolero senza nome per prendersi sulle spalle il destino del cinema americano, Connery dimostrò da subito di potere essere moltissimo altro rispetto al personaggio che gli diede fama planetaria. Non a caso lo scelse anche Hitchcock: il film era «Marnie». L'attrice protagonista, Tippi Hedren, si lamentava di continuo col regista: come poteva fingersi frigida come il ruolo richiedeva davanti a un pezzo d'uomo come quello? L'aneddoto fa sorridere: ma non c'è dubbio che Connery, nel corso della sua carriera, ha riscritto una nuova concezione di virilità. Non a caso nell'89, quando non è già più un ragazzino i lettori di «People» lo eleggono «l'uomo più sexy del mondo». Merito non solo del metro e 88 di altezza e della forma sempre perfetta: ma di un carisma naturale, un fascino non artefatto e immediatamente empatico che lo rendeva credibile sia nei panni di uno stanco ma romantico Robin Hood che in quelli di un avventuriero che volle farsi re. Mai sopra le righe, mai una spanna oltre o al di sotto: ma sempre a misura, esatto, perfetto. Pensate al poliziotto (da Oscar) de «Gli Intoccabili», ma anche al comandante di «Caccia a Ottobre Rosso», con la barba già da patriarca che accompagnerà l'ultima parte della sua carriera, ma anche al magnifico Ramirez di «Highlander», allo scrittore di «Scoprendo Forrester», al monaco de «Il nome della rosa» o al papà (che grande idea Spielberg...) di Indiana Jones: se c'era Sean, se il suo nome era sul manifesto, potevi stare tranquillo. Era un marchio di qualità: per quanto fosse alta l'asticella, Connery il risultato lo portava sempre a casa. Non era né genio né sregolatezza: ma l'uomo giusto al posto giusto. Quello che avremmo sempre voluto essere noi.