Aquarius, la memoria dei luoghi come forma di resistenza culturale
E' l'ultimo baluardo contro la deriva di un mondo dove i morti vengono dimenticati, i palazzi abbattuti e il senso di ciò che è stato smarrito, buttato, perso per sempre. E' un simbolo, è un emblema: ma, più di tutto, è una donna. Una di quelle di cui non farete fatica a innamorarvi: o a rimpiangere di non avere incontrato prima.
E' un bellissimo personaggio femminile quello che si staglia con forza in <Aquarius>, opera seconda, interessante e coinvolgente, del brasiliano Kleber Mendonca Filho. La storia di Clara (una grande Sonia Braga, che ha la stessa età, e la medesima voglia di guardare in faccia la vita, della sua protagonista), unica residente rimasta del condominio davanti al mare dove abita da sempre: capitano di una nave fantasma, come l'anziano di <Up> si rifiuta di vendere e di andarsene, nonostante le pressioni e le minacce più o meno velate della ditta di costruzioni, i consigli degli amici e la perplessità dei suoi figli.
Un film intriso di saudade per un passato oggi divorato da un presente senza scrupoli, una pellicola che il regista trasforma in una forma di resistenza culturale: dove la memoria degli oggetti e l'importanza dei luoghi del proprio vissuto diventano le armi per affrontare un'attualità in cui è sempre più difficile riconoscersi. Ed ecco che così un vitale ritratto di signora, girato con stile informale (è una pellicola che ti tira dentro, che riduce al minimo la distanza tra schermo e spettatore), finisce per assumere anche la veste di film politico: in cui, fuori da quella bella casa piena di libri e dischi in vinile, un Brasile non domo denuncia la sua faccia peggiore, quella della speculazione edilizia, del nepotismo e della corruzione.