Emilia Pérez, estro spavaldo: il coraggio di un cinema altro
E' come la bicicletta nel calcio, quando alzi il pallone di tacco dietro la schiena e lo fai passare sopra la testa: ha dentro la bellezza inattesa di quello stupore, di quel gesto non solo simbolico, «Emilia Pérez». E' quel momento lì: un film che passa inosservato quanto un impiegato del catasto che va in ufficio in accappatoio. C'è dell'estro, e sì, del genio pure, nell'affrontare una storia sull'identità (negata, cercata, urlata) con un film che non ne ha nessuna o meglio moltissime, tutte insieme: melò e gangster movie, musical e cinema politico.
È spavaldo e molto libero l'ultimo lavoro che il grande Jacques Audiard («Tutti i battiti del mio cuore», «Il profeta», «Un sapore di ruggine e ossa») ha girato andando alla ricerca di un cinema «altro», svincolato dai generi «ufficiali», «ibrido», rischioso, dove i protagonisti - come sempre nei suoi film - sono in costante, perenne, complesssa, evoluzione.
Vincitore di 4 Golden Globes (tra cui quello per il miglior film nella sezione Commedia e Musical) e di 5 Efa (gli Oscar europei), premio alle attrici e alla giuria a Cannes, candidato a 13 Oscar, osannato dai critici di mezzo mondo, «Emilia Pérez» è un triplo tuffo all'indietro con doppio avvitamento: un musical su uno spietato criminale che decide di diventare quello che si è sempre sentito: una donna...
Bizzarro ma coraggioso, originale e inaspettato, il film, per quanto improbabile, fa però del sentimento coreografia: canzoni e numeri di danza sono pertinenti oltre che realizzati benissimo (le canzoni sono della cantautrice Camille, già voce dei Nouvelle Vague) e anche il melodramma, sposandosi con le tematiche transgender, sembra assumere, così come il boss, una nuova identità.
Forte di un cast assolutamente «sul pezzo» (la migliore è Zoe Saldana, ma ovviamente i riflettori sono puntati su Karla Sofia Gascón, che potrebbe diventare la prima attrice trans a vincere un Oscar), con «Emilia Pérez» Audiard si interroga sulla redenzione, sul riscatto dell'amore e su un passato che (anche perché non possiamo fare a meno di andarlo a cercare) torna sempre, realizzando una pellicola, intensa e non ordinaria, sulla natura dell'uomo, dell'individuo. E su quella del lupo.