"Se noi bruciamo voi bruciate con noi": parola di Katniss
«Se noi bruciamo, voi bruciate con noi».
Il canto della rivolta è una ballata triste, un appuntamento all'albero degli impiccati: la melodia sussurrata e malinconica di chi sa che lo scontro decisivo è solo rimandato, che la pace, qualunque sia il suo tempo, è figlia del sangue e sorella della tempesta.
Guarda il cielo, ma si rinchiude sottoterra, nelle viscere del tormento, in un rifugio metallico e claustrofobico che è anche condizione esistenziale, isola e prigione di uno smarrimento comune, di una medesima apnea, il capitolo finale (ma questa è solo la prima parte...) di «Hunger games», la saga antitotalitarista e orwelliana che al primo giorno d'uscita ha portato al cinema 100 mila italiani, record stagionale.
Romantico e guerriero per definizione e ora più che mai ribelle e cupo, il terzo atto delle avventure di Katniss Everdeen, la ragazza-messia che, futuribile Giovanna D'Arco, sogna di essere solo una donna ma è chiamata a diventare un simbolo («tutti quanti vorranno baciarti, ucciderti oppure essere te»), indossa il solito costume young adult attingendo all'iconografia classica (i bombardamenti notturni del Distretto 13 ricordano quelli della seconda guerra mondiale, così come la liberazione di Peeta richiama alla memoria l'operazione per uccidere Bin Laden...) per riflettere - nell'inevitabile guerra tra il potere di uno e la rabbia di tutti - su temi trasversali come l'uso deviato dei media e la manipolazione, là dove la battaglia da vincere è prima di tutto quella della propaganda.
A tratti teso, anche spettacolare, il fanta kolossal di Francis Lawrence, pur efficace, è però il classico film di passaggio, o film esca: ti invoglia a vedere come andrà a finire, ma non aggiunge molto (a parte il bello, anche se parecchio annunciato, strappo finale) a quanto già detto. Dedicato a Philip Seymour Hoffman (morto prima di finire le riprese della parte II), il nuovo «Hunger games» è afflitto poi dal doppiaggio stonato di Jennifer Lawrence: per quanto la voce sia la stessa che ha accompagnato l'attrice in tutta la serie (ma non nelle altre sue pellicole), il fastidio è pari solo all'ostinazione di chi crede ancora (erroneamente) che guardare un film con i sottotitoli sia più faticoso che salire a piedi fino all'ultimo piano dell'Empire State Building.