Se il prof flirta con la parrucchiera: Sarà il mio tipo?
Un prof <benvenuto al Nord>, costretto a lasciare Parigi per scoprire la noia dolce della provincia, scrittore – discretamente figo - dell'eros (e del viscerale) che insegna la filosofia come fosse uno <sport da combattimento> incontra una parrucchiera finta bionda che non si vede bella e non sa chi è Kant, ma ha occhi azzurri da volare via e un cuore grosso come una casa. La dai a Hollywood una storia così e ne fa un film uguale ad altri cento: e invece nelle mani del belga Lucas Belvaux, uno che per spiegare la <Critica del giudizio> scomoda Kate Moss e sa che quando ci si bacia non c'è bisogno di parlare, diventa una sofisticata commedia drammatica ammantata di una <felicità triste>, che è una condizione esistenziale, come il sorriso prima della malinconia; una riflessione ricamata e antiretorica sulle conseguenze – sempre imprevedibili – dell'amore, là dove l'incertezza fatale del non lasciarsi andare, del <resistere> al sentimento a causa dei propri pregiudizi, rende vittime di quello che si pensa di dovere essere ancora prima di quello che si è realmente.
Lui non vuole avere figli e lei è una ragazza madre, lui va ai convegni e lei al karaoke, lui legge Dostoevskij e e lei rotocalchi, lei adora Jennifer Aniston e lui non ha nemmeno la tv: forte di un copione che sa più di salsa tartara (e senape di Digione) che non di ketchup dozzinale, fitto di dialoghi veri, intelligenti e mai scontati e di trascinanti canzoni pop usate in senso narrativo, <Sarà il mio tipo?> sfrutta il gioco degli opposti (che si attraggono) per domandarsi se l'amore è possibile nelle differenze sociali e culturali (basta leggerle Flaubert se poi ti vergogni di presentarla ai tuoi colleghi...?), proiettandosi, con un bel tratto nel raccontare per lampi e un'interprete strepitosa (Emilie Dequenne, la Rosetta dei Dardenne), verso un finale sorprendente. Dove perdono tutti: tranne chi guarda.