Irrational Man: delitto e castigo secondo Woody
Tagliato da pochi giorni, con rassegnato pessimismo ma anche irrefrenabile vitalità (che vuoi dirgli a uno che negli ultimi 34 anni ha girato 36 film?), il traguardo degli 80 anni, l'intramontabile Woody Allen mette di nuovo in scena - non prima di avere scomodato Dostoevskij e Kierkegaard (due vecchi amici di costruttive letture) -, il delitto (im)perfetto, tornando su uno dei suoi territori di caccia preferiti (da <Crimini e misfatti> a <Match point>, da <Scoop> a <Sogni e delitti>): il thriller morale.
Riflessione colta sui limiti di una filosofia che non riesce realmente a sovvertire o almeno a spiegare, a contatto con la vita vissuta (e il suo soggettivismo), l'ordine delle cose, <Irrational man> parte piano piano, indossando la maschera della commedia sentimentale, raffinata ma già molto vista, per poi però svoltare bruscamente (cogliendo di sorpresa anche lo spettatore) nel vicolo cieco dell'ego e della presunzione, impervia zona d'ombra dove è possibile persino illudersi che anche il peggiore dei crimini possa essere giustificato.
Abe (Joaquin Phoenix, con pancetta), un affascinante docente universitario che ha perso il gusto per la vita, va a letto con una collega (Parker Posey) e flirta con una studentessa (Emma Stone, dagli immensi occhi blu): ma niente sembra più davvero interessarlo. Fino a quando non pensa di potere finalmente essere utile a qualcuno, aiutando una sconosciuta a non perdere i suoi figli. Come? Pianificando di uccidere il giudice che vuole toglierle l'affidamento...
La crisi (creativa e personale) dell'intellettuale, la mancanza di senso, il caso, l'impunità, la giustizia, la colpa, la banalità del male, l'umana debolezza, il libero arbitrio (e la sua vertigine): rivisitati alcuni dei temi portanti del suo cinema, Woody, sempre a suo agio (a costo di ripetersi) tra delitto e castigo, costruisce una commedia nera dove, con la complicità di Kant e Sartre (perché <l'inferno sono gli altri>, anzi siamo noi...), porta alle estreme conseguenze un provocatorio dibattito etico (può davvero un omicidio rendere il mondo un posto migliore?): chiudendo tra gli applausi con un colpo di scena (e di genio) degno del miglior fan di Hitchcock.