Soldado, Sollima fa l’americano
<Regole d'ingaggio?>. <Fanculo le regole: crepano tutti>.
Sul confine tra il male e il male, dove il gioco è più sporco e la morale assente, Sollima, dopo avere fatto “sul serial” in Italia (suoi <Romanzo criminale> e <Gomorra>) trova un invito per il tavolo che conta: e <fa l'americano> a casa degli yankee, girando con <Soldado> un action spietato, metodico e feroce. Certo, il confronto con <Sicario>, di cui questo film è il sequel, seppure non impietoso, è comunque, oltre che inevitabile, impari: là c'era più manico e struttura, qui la lettura degli eventi sembra più artificiosa, meno efficace. Di buono c'è che Sollima però non si lascia comunque intimidire dimostrando, se non proprio una grande originalità stilistica (per quanto il cinema di genere lo sappia manipolare con cognizione di causa), un suo carattere, la capacità di potere essere della partita.
Che è crudele ma non scontata nel riportare al centro del mirino il misterioso Alejandro (Benicio Del Toro), assoldato dalla Cia per combattere i narcos, che hanno cominciato a infiltrare in mezzo ai clandestini terroristi islamici.
Scandito da una musica ansiogena che privilegia i bassi, <Soldado> si presenta con un inizio esplosivo e spettacolare, ma via via si fa tentare da barlumi di umanità che ne rendono meno credibile l'aspetto ruvido, il volto segnato. Ma preso per quel che è, specie quando privo di scrupoli, può funzionare: soprattutto quando non ha paura di mostrare cicatrici che non possono guarire.