Fronte del palco: Lady Gaga, A star is born
Ci sono loro: che non è poco. Perché lei è una diva assoluta, una tipa da milioni di dischi, che per la prima volta si mostra al naturale, struccandosi persino l'anima, scoprendosi bellissima anche se non la è davvero, priva, finalmente, di quei quintali di accessori, di tinte, di costumi. E perché lui è quello di <Una notte da leoni>, ma anche di <American sniper> e de <Il lato positivo>, tre nomination all'Oscar, nonni italiani, una figlia con la super model Irina Shayk e il desiderio di mettersi in gioco, senza spocchia, anche come regista. E poi c'è la musica: e quella sì, conta. Fronte del palco, live, struggente come una ballata country oppure acclamata e cantata all'unisono come una hit del momento. La musica che è ovunque, che è dappertutto: partitura sentimentale con cui dare un senso allo sgualcito pentagramma della vita.
C'è tutto questo in <A star is born>, il filmone romantico e disperato che segna il doppio debutto (lui alla regia e lei nel cinema, con un personaggio che ha più di qualcosa di autobiografico) di Bradley Cooper e Lady Gaga: ma, a dire il vero, è anche un po' tutto qui. Nella chimica (sexy, empatica) che si innesca tra i due protagonisti (e allo stesso modo tra gli interpreti, chiamati a darsi reciprocamente fiducia), nelle canzoni (tante e alcune molto belle: le nostre preferite sono <Shallow>, <Always remember us this way> e <Maybe it's time>), nella love story da consumare e bruciare sulla via del successo.
Remake del remake del remake di un film che già di per sè si ispirava al mito di Pigmalione, il <nuovo> <A star is born> (l'originale è addirittura del '37, la versione più famosa è quella con Judy Garland del '54, la più recente e riconoscibile quella del '76 con Barbra Streisand) ha sicuramente i crismi del successo annunciato (e negli Usa qualcuno già parla di Oscar...), ma al di là di un bell'approccio iniziale (più personale della seconda parte, meno riuscita) fatica onestamente a imporsi per scrittura, non riuscendo a fornire originalità a una rappresentazione in realtà piuttosto convenzionale.
Nella storia di un cantante alcolizzato che lancia nello showbiz una ragazza che non crede in se stessa, innamorandosene e facendone una star, destinata poi a osservare, nella sua irresistibile ascesa, il declino dell'altro, Cooper (convinto giustamente da Lady Gaga a cantare con la sua voce anche se l'ultima volta che si era esibito era ancora al college...) maneggia un soggetto iconico (una scelta rischiosa, ma anche <di difesa> in un certo senso), un melò senza tempo: ma in diversi passaggi il suo film appare frettoloso (nonostante i 135 minuti di durata), là dove il cuore della pellicola avrebbe dovuto invece essere più maledetto, più tossico, più vissuto. Oltre che più fondo. E così, alla fine, più che il Bradley Cooper regista è Lady Gaga attrice a lasciare il segno: è nata una stella. Ma non da oggi.