Miss Marx, un ritratto punk tra ragione e sentimento
Era una donna forte, emancipata, moderna, la figlia prediletta di un uomo, Karl Marx, che cambiò il mondo. Ma sopportò accanto a sè un uomo senza qualità, perdonandogli troppo e non riuscendo mai veramente a voltargli le spalle. Paragonata - non senza riferimenti indiretti ma chiari all’attualità (inevitabile scorgere nelle lotte di ieri il richiamo alle ingiustizie di oggi) - la condizione femminile a quella della classe operaia (destino comune quello di donne e lavoratori, entrambi oppressi), Susanna Nicchiarelli con «Miss Marx» (in concorso all'ultima Mostra di Venezia) rievoca la figura di un’attrice non protagonista della Storia, impegnata in prima linea nella battaglia per una società migliore ma tormentata dall’amore per un uomo di scarso talento che ne dissipò il patrimonio. Molto efficace nell’anacronistico contrappunto punk (con la musica «ribelle» sparata a tutto volume tra arredi e costumi fine ‘800), al film, colto e un po’ compassato, manca in realtà un po’ di elettricità, quella scossa che ne poteva determinare un destino differente, un esito più compiuto. Ma in questa storia senza tempo, «sul conflitto tra ragione e sentimento - come spiega l’autrice -, su quanto la forza delle nostre idee e convinzioni si possano sbriciolare davanti alla sfera emotiva», la Nicchiarelli trova, oltre a un bel finale, inquadrature di forte impatto (la sequenza dei capelli - che avrebbe forse dovuto aprire il film -, il ballo scatenato) con il limite di non riuscire sempre a dare loro il giusto ordine per fornire alla vicenda maggiore spinta e tensione emotiva così da legarci, per due ore o per sempre, a una donna vittima della sua stessa sensibilità.