Matthias & Maxime, il bacio di Dolan
È una crepa che si apre sul muro, che eri sicuro che il giorno prima non c'era: come un quadro che cade, che mica avvertono i quadri quando cadono, non chiedono mai il permesso. Succede e basta. E seppure accada nel regno dell'impossibile - il cinema -, dove tutto è finto (così tanto da potere diventare incredibilmente vero), a kiss is just a kiss come cantava Sam. Anche se il bacio è finto, imposto, dovuto, soprattutto non visto, come impone il lampo del narratore. Ma è pur sempre un bacio. Qualcosa di tremendamente personale che si porta dentro il fascino di una rivoluzione. Smessi i panni dell'enfant prodige che ormai cominciavano, non solo per una questione anagrafica, a stargli stretti, il 31enne Xavier Dolan, sopravvissuto a un flop clamoroso (il pasticciato e stroncatissimo «La mia vita con John F. Donovan»), torna nella sua comfort zone, alla sincerità degli inizi, al talento spontaneo e cristallino, alle ossessioni abituali da replicare all'infinito: vero, quelle che erano le cose fichissime dei film precedenti qui lo sembrano meno, ma il suo «Matthias & Maxime», accolto da lunghi applausi l'anno passato a Cannes e ora lanciato on demand (ma il 7 luglio sarà all'arena dell'Astra), è un melodramma emotivamente intenso, pensato volutamente in piccolo per non sacrificare all'estetica l'equilibrio. L’autore canadese che ci aveva conquistati con «Mommy» racconta di due amici dall'infanzia, Matt, avvocato in carriera, e Max (lo stesso Dolan, con vistosa voglia sul volto), barista che ha deciso di emigrare in Australia, che - dopo essersi scambiati un bacio per finta in un cortometraggio amatoriale - scoprono improvvisamente di amarsi... Romantico e teatrale, a tratti anche verboso, il film ha belli strappi e conosce la difficoltà di dare una forma a un sentimento, quando è più difficile starci dentro. Dolan è bravo a rappresentare il disagio, l’imbarazzo, l’impaccio. la rabbia: e tra famiglie disfunzionali e desideri in itinere, cerca di evitare il rischio di girare un «Chiamami col tuo nome» in sedicesimo. Al di là dei cliché lo sguardo è ancora limpido, empatico: se mai manca un po' di quel coraggio e di quella follia che avevano contraddistinto le prove precedenti di questo ex ragazzino che cerca, non senza fatica e ostinazione, di diventare un uomo.