Se la strada potesse parlare: la dolcezza di Jenkins contro le ingiustizie
E' un film girato con grande delicatezza e movimenti di macchina che paiono carezze, <Se la strada potesse parlare>, il melò afroamericano con sottotesto politico che riporta al cinema Barry Jenkins, dopo l'Oscar vinto (a sorpresa) con <Moonlight>. Prodotto dalla Plan B di Brad Pitt e candidato a tre statuette, è la storia d'amore nella Harlem degli anni '70 tra la 19enne Tish e il fidanzato Fonny: lei aspetta un bambino, ma quando se ne accorge lui è già dietro le sbarre per un reato che non ha mai commesso... Nella società dei bianchi, dove nessuno (o quasi) ti affitta una casa se hai il colore sbagliato e <la partita è truccata>, Jenkins, inframmezzato il film di foto in bianco e nero, lavora benissimo sul colore, che usa in senso antirealistico, seguendo una precisa scelta estetica, antitetica eppure conforme, complementare, a ciò che racconta. E' il mood avvolgente di un film che, seppure non particolarmente appassionante, ha dentro di sè una grande dolcezza, quasi un imbarazzo: e anche davanti all'ingiustizia, alla sciagura, è teso - come in una delle sequenze più suggestive, quella del parto nell'acqua- alla speranza, all'amore, alla vita.
Moonlight, anatomia dell'anima
Il primo bagno in mare (quasi come un altro battesimo), la sedia rotta in testa al bullo crudele della scuola, certi silenzi impacciati, certe questioni irrisolte, il carico di un non detto che pesa su spalle mai, nonostante i pesi e la palestra, troppo robuste: ha cose belle (alcune anche molto) <Moonlight>, il film che dopo avere inaugurato la Festa del cinema di Roma, è andato a prendersi 8 nomination all'Oscar: parabola umana piena di scelte obbligate (o semplicemente sbagliate), fallimenti, ferite. Un romanzo di formazione total black, una faticosa affermazione (anzi ricerca) di sè divisa (complice decisi sbalzi temporali) in tre capitoli, ognuno a rappresentare una fase della vita del protagonista.
Infanzia, adolescenza e età adulta di Chiron, bimbo timido con madre tossica perseguitato dai compagni di scuola, che cresce con un pusher che gli fa da padre putativo (Mahershala Ali, bravissimo) e non sempre riesce a convivere con una debolezza che è parte di lui. Provando a emanciparsi, cercando di capire chi vuole davvero essere: tra complessa accettazione della propria omosessualità, trasformazione fisica (una corazza sotto cui nascondere il proprio malessere) e desideri (anche di riscatto) repressi.
Prodotto da Brad Pitt, <Moonlight> è un film diretto da Barry Jenkins con non banale sensibilità e un bel taglio di inquadratura: sempre vicino, accanto a Chiron, come se la macchina da presa fosse l'unica a cui interessasse davvero qualcosa del protagonista. Un atteggiamento empatico, un modo di raccontare in modo morbido situazioni anche terribilmente pesanti: per dare più che una voce un volto a un processo interiore che porta sullo schermo non solo una storia ma un'anima.