Sieranevada: una nazione in stallo tra le quattro mura di casa
E' un film <costretto>, murato vivo tra le quattro pareti di una casa (dove, ovviamente, si lavano i panni sporchi), ingabbiato nei suoi stessi rancori, <Sieranevada>: scontro generazionale e politico di un Paese affamato (di felicità, di novità...) ma in stallo se non addirittura morente, nazione depressa e delusa che cerca se stessa in cucina, prima di un pranzo che però non viene servito mai.
Strettissimo, cechoviano, insistente, <Sieranevada>, titolo volutamente non sense (<ero stufo delle brutte traduzioni>) di Cristi Puiu, uno dei registi più considerati del nuovo cinema romeno (tra i più vitali dell'intera Europa), osserva un gruppo di famiglia in un interno lasciando che il punto di vista della cinepresa coincida con quello - invisibile ma ingombrante - del grande assente, il defunto che tutti sono venuti a ricordare.
Film bello sin da subito, con quel lungo e nervoso piano sequenza a mo' di prologo, che poi si muove per quasi tre ore, in unità di tempo e luogo, in spazi ridottissimi, in un continuo gioco di porte che si aprono e si chiudono sulla Storia e sulla vita, <Sieranevada> alza una pluralità di voci, tra riti, tensioni, imprevisti: bravissimo nel gestire una ventina di personaggi, <perfetti conosciuti> che inseguono ancora (con teatrale sincronismo) l'utopia di una comunità chiamata famiglia, Puiu, classe '67, già vincitore a Cannes (nel 2005) di <Un Certain regard> (e in concorso al Festival l'anno passato, proprio con questa pellicola, ingiustamente dimenticata dalla giuria) aggira luoghi comuni e ipocrisie, trasformando in un'odissea anche il solo tentativo di trovare un equilibrio (e un accordo) intorno a un tavolo. Intenso, sempre sul punto rottura, in perenne bilico sull'imprevisto, il film è la metafora di un Paese bloccato, profondamente disorientato, e delle sue mille anime contrastanti: là dove il sogno tradito del dopo Ceausescu non rende meno amaro (anche se qualcuna, colbacco in testa e perle al collo, qualche rimpianto ce l'ha...) il ricordo della vita prima della rivoluzione. E mentre alla radio passa <Maledetta primavera>, è quanto mai probabile che se Dio tornasse sulla Terra il vero rischio sarebbe quello di non riconoscerlo.