Volare: la Buy diventa regista, ma il decollo è rimandato
Credevo di «Volare» e non volo. Sarà la paura atavica di staccare l'ombra da terra, ma Margherita Buy, attrice a cui non si può non volere bene, al suo debutto come regista fatica non poco a fare decollare il suo film. E questo nonostante non fosse per nulla malsana e nemmeno campata per aria, l'idea di affrontare ciò che più la spaventa nella comfort zone del grande schermo, prendendosi in giro con elegante (auto)ironia per provare a esorcizzare il suo terrore più grande: l'aereo. In buona per non dire ottima compagnia (da Meg Ryan a Fiorello alla grande MIna, tanti personaggi famosi sono accomunati da questa fobia), la Buy si mette in gioco interpretando un'attrice danneggiata dalla paura di volare. Tra film persi e figlie che se ne vanno, la nevrosi cresce e qualcuno le consiglia di trovarsi un uomo: «Ma no, perché, poverino...».
Pur circondandosi di amici complici (da Elena Sofia Ricci a Giuseppe Piccioni), la Buy, poco aiutata, firma un film simpatico ma piuttosto elementare, una commedia terapeutica che manca di scrittura (eccessivamente tirata per le lunghe la parte del corso anti paura) e di vere «turbolenze», che non va al di là di qualche battuta centrata. Come quando Margherita piange sull'ennesima occasione persa: «Potevo essere un'eccellenza italiana». «Quello è il Parmigiano», le fanno notare non a torto.
Loro 2, meno male che Paolo c'è
E’ un film su un bambino che ha paura di morire, il piazzista <che ha svenduto le speranze degli italiani>, un uomo che può comprare tutto tranne il tempo: costretto a conoscere la solitudine dei numeri uno. E l'odore dell'alito dei vecchi. Che non è buono né cattivo: ma è quella cosa lì e c'è poco da fare. Mentre il conto alla rovescia è già iniziato: e quella giostra, ormai ferma, nessuno sembra potere farla ripartire. Nemmeno l'estenuante, vuoto, mestiere del compiacere di un Paese che rassoda i glutei perché <meno male che Silvio c'è>.
E' bello davvero e pure parecchio, <Loro 2> e non fa che aumentare il rimpianto per un film malamente sdoppiato che poteva benissimo essere unico e solo: ma quanto la prima parte appariva ripetitiva e talvolta carente di ispirazione, qui Sorrentino alza il livello dell'asticella, abbandona la corte e mira dritto al trono, dimostra di conoscere, come il personaggio che racconta, <il copione della vita>.
Ritratto necrofilo, tra disprezzo e <pietas>, di un Berlusconi cadente, messo da parte, prima che da Di Maio e da Salvini, dai suoi stessi eccessi (<avevi molto di meglio da fare che le donne: e non l'hai fatto>), vecchio caimano patetico e triste che non si diverte più nemmeno al suo gioco, <Loro 2> regala momenti perfetti (come quando Silvio si finge un agente immobiliare e vende al telefono a un'ignara signora una casa che non esiste e di cui lei non ha alcun bisogno...), brillanti pezzi di scrittura (il dialogo tra Berlusconi e Ennio Doris entrambi, come in un effetto specchio, interpretati da un grande Servillo: <siamo venditori: noi convinciamo le persone>), indovinati sprazzi surreali (le olgettine piazzate nelle fiction più improbabili: da <Congo Diana> a una Giovanna D'Arco che va sul rogo col decolletè in bella vista) di divertita cattiveria.
E poi, chiaro sin dal titolo, più di tutti ci sono <Loro 2>: Silvio e Veronica (una bravissima Elena Sofia Ricci), con quel matrimonio che naufraga. Il confronto è implacabile, ma qui il tono si fa sin troppo didascalico, anche se il regista sembra quasi voglia affidare alla Lario la sua stessa coscienza critica. Sorrentino spoglia, pesa, sottolinea: gestisce benissimo gli spazi, i vuoti e i pieni, vola alto senza nascondere la mediocrità (quella del Berlusconi privato, ma anche la nostra di spettatori inerti), trova, rispetto al primo atto, una profondità e un genio lasciati in stand by. Come nel potente finale felliniano ne L'Aquila del terremoto, dove il divino si fa umano. Ma intorno restano solo macerie.