2019, Classifiche Filiberto Molossi 2019, Classifiche Filiberto Molossi

I 7 film da non perdere a dicembre

Vi conceranno per le feste: facendovi un favore. Niente cinepanettoni quest’anno: ma diversi buoni film. Ecco i sette da non perdere questo mese.

1. PINOCCHIO

Non si può che partire da qui: dal film di cui tutti hanno paura, forse anche chi l’ha prodotto. Sulla carta è senza avversari, ma c’è pur sempre la maledizione di un personaggio che spesso al cinema fa flop. Ma se lo sguardo immaginifico di Garrone incontra le parole di Collodi e la follia di Benigni (stavolta Geppetto) può davvero accadere qualcosa di straordinario.

Esce il: 19

2. RITRATTO DELLA GIOVANE IN FIAMME

Sguardi rubati e domande sospese: e un amore che vive solo nel ricordo. E in un dipinto. Nel ‘700 la passione proibita tra una pittrice e la sua modella. Più che la condizione femminile qui conta la verità dell’immagine: quella che insegue la protagonista. E quella che cerca la regista (che il 14 sarà a Parma).

Esce il: 19

3. STAR WARS-L’ASCESA DI SKYWALKER

Non fosse altro perché è il capitolo “finale”: e la chiamata alle armi è per tutti, nessuno escluso. La saga che era iniziata quando eravamo bambini si chiude 42 anni dopo chiedendo alla nostra maturità e ai nostri capelli grigi di crederci ancora una volta.

Esce il: 19

4. IL PARADISO PROBABILMENTE

Tutto il mondo è paese: con le sue assurdità, i suoi paradossi, i suoi limiti. Novello Jacques Tati con molto anche di Buster Keaton, Elia Suleiman esporta il suo stupore e smarrimento in giro qui e là dall’oceano. In un disagio che olttre a essere comico è sempre anche “politico”.

Esce il: 5

5. LA DEA FORTUNA

Una terrazza dove si fa festa e si balla sotto la pioggia, gli amici, Mina che canta, Accorsi, Serra, l’amore, la vita che torna: potrebbe esserci tutto il meglio dela poetica di Ozpetek in questo film in cui il regista turco sembra tornare, dopo prove opache, alla sua comfort zone. Con uno sguardo di fiducia, anche nel dolore.

Esce il: 19

6. DIO E’ DONNA E SI CHIAMA PETRUNYA

Scandalo in Macedonia: alla cerimonia religiosa una donna si lancia nel fiume e afferra per prima la croce. Un onore che spetta solo agli uomini… Al di là del #metoo e lontano dalle questioni di genere, un film che, in unità di tempo e di spazio, riflette con ironia sulla condizione femminile e sulla consapevolezza di sè.

Esce il: 12

7. CENA CON DELITTO

Un omaggio ai classici di Agatha Christie con Daniel Craig che smette lo smoking da 007 e indossa l’outfit del detective. Uno scrittore di gialli viene trovato morto: tutti i suoi familiari hanno un movente per farlo fuori. Ma chi è stato veramente? Una scatenata messa in scena corale dove niente è come sembra.

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Filiberto Molossi Filiberto Molossi

Nella Napoli velata i fantasmi di Ozpetek

E' pieno di fantasmi, di ombre, di ricordi rimossi, di segreti taciuti, nascosti in un armadio sempre chiuso, dimenticati volutamente nella soffitta del destino, il cinema di Ferzan Ozpetek, in bilico tra il lutto (da elaborare, affinché la vita si faccia strada di nuovo) e il mistero della perdita, sempre alla ricerca di risposte difficili da condividere, eppure pronto, non senza sofferenza, a squarciare quel velo (o quello schermo?) che ci separa da una realtà a volte troppo dolorosa da comprendere, ma soprattutto da accettare. Inizia su una scala che è insieme vertigine, segno psicanalitico  e omaggio a Hitchcock per poi smarrirsi volontariamente nelle strade di una Napoli borghese e arcana, erotica e barocca, pagana e mistica, carnale ed esoterica, il nuovo film del turco d'Italia: che segue con apprensione Adriana (Giovanna Mezzogiorno), medico legale che trascorre una notte di passione con Andrea (Alessandro Borghi, lanciatissimo), un ragazzo più giovane conosciuto la sera stessa. I due decidono di rivedersi il giorno dopo, ma l'uomo non arriverà mai all'appuntamento: barbaramente ucciso apparentemente senza motivo...

Occhi che guardano senza essere visti ma senza nemmeno vedere, occhi chiusi, occhi rubati, morti, scolpiti: là dove la verità, chiara ma non provata, resta leggenda e il dubbio si insinua nelle vie tortuose della mente, Ozpetek gira un thriller esistenziale che indulge troppo al simbolismo, un giallo dove l'indagine è soprattutto interiore, un viaggio tortuoso in cui la protagonista sarà costretta a prendere coscienza delle proprie fragilità.

Il regista di <Saturno contro> e <La finestra di fronte> gestisce benissimo gli spazi, i pieni e i vuoti di una città di cui si appropria - un autobus, le scale mobili, le stanze di un museo...: (non) luoghi dove rimbombano solitudini e ossessioni -, ma si perde in divagazioni narrative non particolarmente riuscite, attratto inoltre da un grottesco poco funzionale all'ambiguità della storia. Ozpetek, va detto, non cerca scorciatoie, se può anzi si complica (coraggiosamente) la vita: ma inciampa d'altro canto nel tema (stravisto) del doppio, annacqua la bellezza di certi piani sequenza con i limiti di una sceneggiatura poco compatta. Peccato perché il film cresce nel finale, che l'autore cuce (con astratto realismo) con precisione e maestria: ma quel rumore di tacchi che si perde nel nulla è la promessa invisibile di una carezza mancata, di un desiderio non completamente appagato.

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2017, Recensione Filiberto Molossi 2017, Recensione Filiberto Molossi

Rosso Istanbul, chi guarda il passato non vede il presente

<Il libro, i miei film...: è tutto un bluff>.

<Giallo> Istanbul: nel viaggio di ritorno di chi si smarrisce tra le righe di un testo inevitabilmente doppio, Ferzan Ozpetek va in cerca del fantasma dell'autore e ne culla l'assenza osservandone i resti e le nature morte in un percorso a ritroso privato e introspettivo che sfocia nell'autoanalisi, mentre, tra una riva e l'altra del Bosforo, riemergono lungo la strada verso casa (e verso sé) sentimenti negati o solamente sopiti. Parole e tracce di chi codifica il ricordo, costretto a risolvere il rebus che siamo. E' un film di una bellezza triste (come la città che accoglie e da cui è accolto), tormentato e vissuto sulla propria pelle, anche se alla fine pensato e girato più per sé che per gli altri, <Rosso Istanbul>: la storia di un risveglio esistenziale, di un riavvolgere che è insieme un divenire, nel (non) luogo dell'anima dove <realtà> e fantasia non smettono di confondersi, tra gli spettri di ciò che è stato e la promessa, eccitante, di nuove sfide. Uno scrittore turco ormai rimasto senza parole, Orhan, torna in patria dopo 20 anni di esilio volontario per curare l'edizione del primo libro, fortemente autobiografico, di un famoso regista che conosce da sempre: ma appena arrivato, il cineasta scompare senza lasciare traccia. Cosa gli è successo? Nel cercare di comprendere il mistero dell'amico, Orhan si imbatterà nel suo se stesso dimenticato...

Stretto sui volti, doloroso ma comprensivo delle proprie e altrui debolezze, <Rosso Istanbul>, che Ozpetek ha tratto dal suo omonimo (e autobiografico) romanzo, rivoluzionandolo nell'intreccio, è un film più pulito, intimo e personale rispetto alle ultime fatiche del turco d'Italia, che realizza sì una pellicola sofisticata, ma un po' troppo letteraria (nel senso negativo del termine) e sentenziosa (infarcito com'è di frasi fatte che sembrano prese pari pari dalla pagina scritta e che mal si sposano con la dinamicità fluida del cinema), melò misurato e sentito, ma algido che, appiattito dal doppiaggio, ha il limite di peccare di scarsa empatia.

Sincero nel suo mescolare piani e prospettive, riconoscendosi (o sostituendosi) ai personaggi, il regista de <Le fate ignoranti> e <Saturno contro> resta così a volte prigioniero di un approccio pretenzioso e intellettualistico nel nostos imperfetto di chi sa che <chi guarda il passato non vede il presente>.

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