How to have sex, la prima volta di Molly
Il bagno a mezzanotte, le siga, porzioni extralarge di patatine, lo smartphone sempre in mano, le risate, le docce ed eventualmente le lacrime: mentre la musica batte in testa nelle notti al neon virate al blu e i corpi si sfiorano, là sulla pelle liscia e acerba del mondo, dove la gioventù suda e il desiderio urla.
C'è una sincerità che non accetta compromessi, che non scende a patti, nell'opera prima, liquida e non rassicurante, della trentenne londinese Molly Manning Walker che tratta con maturità il tema della prima volta e quello, ancora più scomodo, del consenso. Lo fa con un film fisico e plastico (alla Korine), che ti schiaffa in faccia, tra uno shottino e l'altro, la complessità incosciente dei sedici anni, nell'after hour senza sosta di chi cerca di diventare grande.
Montato molto bene, senza tregua, con la camera a mano che diventa la quarta amica - quella immaginaria ma anche la più onesta - delle tre protagoniste, sbarcate in Grecia per le vacanze, «How to have sex» (vincitore a Cannes di «Un certain regard») accarezza, con solidale sensibilità femminile, imbarazzi, voglie, segreti, delusioni, trovando facce, tatuaggi e interpreti giuste: senza usare creme protettive nell'abbandonarsi a un sole che, oltre a brillare, inevitabilmente, scotta. Quando non brucia.