Evviva Giuseppe: assenza più acuta presenza
I fiocchi di neve, improvvisi, l'Oltretorrente, un tram giallo da prendere: e un poeta che salta, felice. Che grida e che salta, insieme a suo figlio: <E' nato Giuseppe, è nato Giuseppe!>. Vive di cose così, di parole che diventano immagini, di ricordi - teneri e potenti - che si fanno cinema, come un film mai girato, ma che esiste, nella testa, nel cuore, di qualcuno: sta proprio qui, in quelle memorie non banali, in quelle testimonianze piene di vita, la forza di <Evviva Giuseppe>, il documentario, bello e affettuoso, che Stefano Consiglio (per Solares) ha dedicato all'uomo che ebbe il <doloroso privilegio> di essere il fratello minore di Bernardo Bertolucci, ma anche - e soprattutto - il regista che inventò dal nulla Benigni, il narratore cortese di storie non lineari, il cineasta colto e ispirato che sopravvisse a tutto e a tutti (anche alla sua, ingombrante e meravigliosa, famiglia) senza odiare e copiare nessuno.
I versi del padre, i ricordi (magnifici e quasi avvolti dal mito) del fratello, le parole degli amici e le sue stesse confessioni: immagini e frammenti cristallini con cui Consiglio compone il puzzle di una personalità che sfugge alle facili classificazioni, radunando effetti personali e oggetti smarriti di un regista così come lo raccontano, tra gli altri, Nanni Moretti (che grazie a lui scoprì Laura Morante...), Stefania Sandrelli, Lidia Ravera, Fabrizio Gifuni. E a cui qualcuno deve tanto. E altri tutto. <Mi ha insegnato il coraggio e la paura, perché io ho paura solo delle cose che amo - dice Benigni nello splendido monologo finale scritto apposta per il film -. Mi ha insegnato la bellezza e che ogni gesto è prezioso>. Anche stavolta, come sempre, aveva ragione papà Attilio: <Assenza più acuta presenza>.