The sound of Silence: l'ultima tentazione di Scorsese
<E' stato nel silenzio che ho sentito la Tua voce>.
Mistero della fede: alla fine del mondo dove Cristo muore <per il miserabile e il corrotto> e solo il perdono ha ancora un senso, l'ultima tentazione del prete perduto: tradire se stesso per salvare gli altri. E' fatto di nebbia, fumo e martirio, il kolossal intimo, mistico e spirituale dell'ex seminarista Martin Scorsese che con <Silence> (un progetto che coltivava da ben 26 anni) gira un film che nell'ombra cerca, ostinatamente, la luce. Interrogandosi sul peso terribile del silenzio di Dio, apparentemente sordo alle nostre grida sull'ingrata madre terra dove il debole non ha posto e insegue una promessa di salvezza misurandosi con la tortura del dubbio.
Atto conclusivo della trilogia sulla fede (quella iniziata con <L'ultima tentazione di Cristo> e proseguita con <Kundun>), il film con cui il regista di <Taxi driver> e <Toro scatenato> festeggia mezzo secolo di cinema cerca risposte che nessuno può dare, tra sacrifici massimi e scelte umane troppo umane, immolandosi all'inimmaginabile sofferenza dell'imperscrutabile.
Anno domini 1633: due giovani gesuiti portoghesi (interpretati dallo Spider Man Andrew Garfield e da Adam Driver, sugli schermi anche con <Paterson>) partono, per cercare il loro mentore, alla volta del Giappone, dove il cristianesimo è messo al bando e i suoi seguaci uccisi in modo atroce se non rinnegano Dio...
Profondo, tormentato, sussurrato, affamato di verità (là dove non ci si può permettere alcuna certezza), <Silence> è il film in un certo senso apostata di un grande regista che, accantonato lo stile eccitato e caleidoscopio di <The wolf of Wall Street>, sposa un rigore solenne e riflessivo per cogliere - prima usando benissimo i grandi spazi, poi rinchiudendosi nella cella dell'anima – la profondità di una fede che è insieme condanna e liberazione, prevaricazione (nel modo in cui tenta di imporsi senza rispetto della cultura altrui) e supplizio (le persecuzioni di ieri che assomigliano a quelle di oggi), egoismo ed esempio, chiave per perdersi e ritrovarsi. E se è vero che lo Scorsese religioso non è quello che preferiamo, è indubbio che <Silence> (a cui il doppiaggio non rende giustizia) gronda di passione, crudeltà, potenza. Tortuoso e ambiguo e mai netto, mai facile: come la strada che porta alla croce. Non solo quella che ognuno ha in spalla: ma anche l'altra, simbolo di appartenenza e consolazione, che mani grandi e non più tremanti stringono fino a farne rifugio, riparo, scrigno, santuario.