Judy, il tramonto dopo l'arcobaleno
Era l’ex ragazzina prodigio che volava da qualche parte sopra l’arcobaleno, la cantante dalla voce straordinaria che molto prima di Lady Gaga incantò il pubblico in <A star is born>, la fidanzata d’America che tutti volevano sposare: <Ha mai preso qualcosa per la depressione?>. <Quattro mariti, ma non sono serviti>.
Storia amara di Judy Garland, l’attrice triste irresistibilmente attratta dalla normalità che non si era mai potuta permettere, ma incapace di rinunciare a un altro, ennesimo, applauso. Il cinema ricorda e rende omaggio, attraverso il biopic di Rupert Goold, a una diva sfortunata, che dopo un’infanzia di rinunce imboccò molto presto, vittima dell’alcol e degli psicofarmaci, il viale del tramonto.
L’ultimo atto di <Judy>, l’iconica star de <Il mago di Oz>, che lavorava da quando aveva appena due anni: e a 47, rimasta al verde, considerata inaffidabile da impresari e produttori, volò a Londra per una serie di concerti pur di non perdere l’affidamento dei due figli piccoli. Come <Stanlio e Ollio> - che però aveva qualcosa in più - il film di Goold si concentra (con l’aggiunta di qualche flashback rivelatore) sulla tournée finale della Garland, cercando di cogliere, in quella deriva senza salvezza non priva di lampi di meraviglioso talento, il senso e l’umanità del tutto.
Il personaggio è potente, ma non così (almeno non sempre) il film che, per quanto corretto, puntuale, non riesce a fare della storia personale della Garland una parabola moderna sulla crudeltà del divismo e dello star system. Appoggiandosi interamente sulle spalle di Renée Zellweger (l'ex Bridget Jones) che, rediviva (il suo ultimo film degno di nota è di 15 anni fa), regala un’interpretazione sì mimetica e sofferta, anche fisicamente complessa, ma con qualche faccetta di troppo, un po' troppo schiava del botulino, affetta da manierismo. Ma forse le basterà tirare fuori la voce (canta proprio lei, e a volte addirittura live), pazzesca, per rientrare, dopo un lungo oblio, nel giro che conta: tornando come Judy alla ribalta per afferrare nuovamente (dopo il Golden Globe) quello che alla Garland è invece sempre sfuggito: l’Oscar.