The last duel: Ridley Scott e "il duello di Dio"
Guardi «The last duel» e pensi che abbia tutti gli ingredienti del filmone virile: guerrieri con tanto di armatura, battaglie tra fango e sangue, migliori amici che si scoprono peggiori rivali. Eppure. Eppure, nella logica consueta degli sfidanti, è il personaggio terzo quello a contare davvero, a uscire con forza (e strazio) dallo schermo, a farsi motore della Storia: una donna. E' facile pensare che quel vecchio volpone di Ridley Scott strizzi l'occhio al #metoo: può darsi, ci sta. Ma sarebbe ingiusto non ricordare che il grande regista di «Blade runner» aveva già in tempi non sospetti (anno domini 1979) aggiornato profondamente l'archetipo dell'eroe grazie alla sua Ripley la coraggiosa (androgina finché volete...), astronauta di «Alien», per poi, dimostrare nuovamente una predilezione per i personaggi femminili determinati, emancipati e forti con «Thelma e Louise» e «Soldato Jane». In attesa ovviamente del suo ritratto di Lady Gucci... E così, per quanto sia dannatamente anni '80, il suo nuovo film - scritto dagli amiconi Matt Damon e Ben Affleck (anche interpreti) insieme a Nicole Holofcener - funziona, arrivando, in modo efficace e energico, al suo scopo. Ispirato a una vicenda realmente accaduta nella Francia della seconda metà del 1.300, in un'epoca dove il diritto non contava nulla davanti al potere, «The last duel» racconta di Marguerite, una donna che ebbe il coraggio di denunciare l'uomo che l'aveva stuprata. E che negava invece di averlo fatto. Per dirimere la questione - e decidere chi dicesse la verità - Carlo VI, il re folle (qui riprodotto in maniera un po' macchiettistica, a dire il vero), decise che il marito di lei, cavaliere coraggioso, analfabeta e impulsivo, e l'accusato, scudiero seducente amante delle lettere e dei festini, si sfidassero a duello, il «duello di Dio»: l'ultimo - legale - nella storia della nazione. Sviluppato il racconto secondo i tre diversi punti di vista dei protagonisti, l'83enne Ridley Scott, oltre che un coinvolgente kolossal in armatura dal super cast (oltre i citati Damon e Affleck, c'è anche il villain Adam Driver e la sorpresa Jodie Comer, l'inglese della serie «Killing Eve», che qui ruba la scena ai più celebri colleghi), finisce col girare un film sulla differente percezione della verità, in cui, per quanto importanti, le sequenze di battaglia (montate forsennatamente e realizzate con grande maestria dal regista de «Il gladiatore») contano decisamente meno della riflessione sulla condizione femminile e su pregiudizi che hanno resistito a secoli di Storia.
Doppio amore: il giallo dell’eros che manda in frantumi lo specchio dell’identita’
E' un film astratto e stratificato, un thriller ad alta tensione erotica sul tema del doppio, l'ultimo film di Francois Ozon. Elegante e paranoico, ma anche improbabile, <Doppio amore> si muove tra segreti, omissioni e rimozioni, in una (auto)analisi dove la sincerità (o la mancanza di essa) diventa l'arma del delitto nell'abisso (e nel giallo) dell'amore.
Chloé, una donna fragile (la bellissima Marine Vacth, lanciata da Ozon in <Giovane e bella>), si innamora del suo psicanalista. I suoi problemi sembrano risolti, ma andando a vivere con lui scopre ben presto che l'uomo le nasconde qualcosa...
Girato molto bene (quei primi piani rivelatori, quel modo di guardarsi negli occhi che è più di una promessa, lo split screen) e ambientato se possibile anche meglio (specie nelle sequenze del museo di arte contemporanea dove lavora Chloé), <Doppio amore> alterna però cose molte belle a terribili cadute, sconfinando, tra sorrisini diabolici e citazioni di <Alien>, nell'involontariamente ridicolo. Ozon gioca col genere, sale scale alla Hitchcock, guarda a <Inseparabili>, ma finisce con l'imitare un (brutto) film di De Palma: confermando quanto sia difficile mandare in frantumi - senza poi non doverne raccogliere i pezzi - lo specchio dell'identità.
Ready Player One: Spielberg, il Sacro Graal e il gioco della vita
Non ha Facebook, né Twitter, né Instagram, rimpiange i Duran Duran e probabilmente smanettava con i primi Atari. E può permettersi di affrontare (metaforicamente) quel tronfio di Zuckerberg e dirgli in faccia: <Ehi bimbo, tu non lo sai: ma tutti i sogni più belli li hanno inventati quelli come me>. Perché nel grande gioco della vita solo chi non gioca ha già perso.
Cercheranno di convincervi che è solo un popcorn movie pieno di effetti speciali e invece è veramente un bellissimo film quello con cui Steven Spielberg difende dall'abisso di un mondo fasullo sempre più social che sociale il valore inestimabile della realtà, l'introvabile Sacro Graal di una società virtuale che invece di affrontarli evade dai suoi problemi.
Nel 2045, in un'America stanca dove non ci si ribella più per i diritti civili ma al massimo per la banda larga, l'unico passatempo è Oasis, un incredibile mondo virtuale dove Wade, un ragazzo, forse cerca solo se stesso...
Irresistibile celebrazione della cultura pop degli anni '80, immaginifica riflessione sulla solitudine contemporanea (o da tastiera...), <Ready Player One> è un film manifesto spiritoso, creativo e spettacolare che gioca meravigliosamente con la nostalgia di quello che potremmo perdere. Il regista di <E.T.> ci mette tutto: <Quarto potere> e <Space invaders>, <Ritorno al futuro> e <Gundam>, <Alien> e Michael Jackson. E in un omaggio continuo, senza sosta – geniale e <definitivo> quello a <Shining> (<vieni a giocare con noi?>) -, fonde come nessuno prima il film game al teen action ricordandoci il piacere di un universo (<ci siamo dimenticati come si sta all'aria aperta>) più lento e autentico. Perché <per quanto spaventosa, la realtà rimane l'unico posto dove fare un pasto decente>.
Alien: Covenant, un ripasso con poche idee
<Lo senti?>. <Che cosa?>. <Il niente>.
Sulle note di Wagner, tra i versi del più famoso dei sonetti di Shelley, l'irresistibile tentazione di essere (un) dio: alla ricerca (ancora) di una nuova frontiera, dove, nel mistero assoluto della creazione, la macchina è più uomo dell'uomo. Promette molto ma mantiene poco, più interessato a riproporre vecchi (e fortunati) schemi che non a cercare nuove (magari rischiose) piste e idee, l'ultimo <Alien>, ennesimo capitolo di una saga che i suoi 38 anni li porta con baldanza ma senza riuscire, d'altra parte, a nascondere i primi acciacchi. Meno filosofico di <Prometheus> (le grandi domande dell'esistenza qui appaiono solo annacquate), di cui è il sequel, il film di Ridley Scott (80 anni a novembre), nella ripetizione di un copione collaudato (un gruppo di coloni spaziali, un pianeta sconosciuto, l'inevitabile scontro con la <creatura>), solletica la nostra immaginazione, ma tra le molteplici possibilità che gli si aprono davanti si imbatte nel scivolosissimo (e assai sfruttato) tema del doppio, non particolarmente necessario e risolto inoltre (considerate le ambizioni di fondo) in maniera piuttosto semplicistica.
L'astronave Covenant è diretta su un lontano pianeta, ma qualcosa va storto: l'equipaggio si sveglia prima del previsto dal sonno criogenico per affrontare un'emergenza. E' solo l'inizio di un terribile incubo: che porterà i <pionieri> a doversi difendere dalla minaccia aliena.
Sin troppo esplicito, quando non telefonato (come nel finale a <sorpresa>: e le virgolette non sono messe a caso...), <Alien: Covenant>, ansiogeno solo a tratti, ripassa molto e inventa poco, rivelando in maniera scoperta le proprie intenzioni quando invece avrebbe fatto meglio a confonderle, a mascherarle. E se tute, zaini, giubbotti, astronavi che spiegano le vele, caschi (quelli made in Parma dalla Northwall di Gianluca Martini...) e armi hanno un fascino perché sembrano appartenere a un'archeologia spaziale, le scene d'azione, dapprima cinetiche ed efficaci, si fanno via via molto già viste (come dinamica e situazione), lasciando lo spettatore in cerca di qualcosa di più e di meglio di un confronto allo specchio (quello tra gli automi David e Walter, entrambi interpretati da Michael Fassbender) che a volte sembra uscito da un brutto <Star Trek>. Peccato, perché la potenzialità della saga sembra intatta, anche se forse necessita di uno sguardo diverso, più iconoclasta. A costo di uccidere, insieme agli alieni, anche il mito.
I 7 film da non perdere a Maggio
Maggio? Fa rima con coraggio: la primavera non spaventa il cinema che scommette sull'usato sicuro - i nuovi capitoli di Alien e de I pirati dei Caraibi - e sui grandi autoriun po' offuscati (Malick e il suo super cast) ma, nel mese di Cannes, porta sullo schermo molti altri film interessanti. Roba da cacciatori di perle: noi ne abbiamo scelte 7, cercando di evitare i blockbuster annunciati. più scontati. Citando invece i titoli meno scontati.
1. SCAPPA - GET OUT
Cosa succede se "Indovina chi viene a cena" incontra l'horror? Presto detto: il risultato è un film costato 4 milioni e mezzo che finisce per incassarne 170. Un fenomeno, ma mica solo al botteghino: perché dietro il paravento del genere, si parla di razzismo, diversità, discriminazione.
Esce il: 18
2. 7 MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE
Pessima traduzione dell'originale "A monster calls", è la storiadi un 12enne costretto ad affrontare la malattia terminale della madre: l'immaginazione, però, prende il sopravvento. Così il fantasy - come ne "Il labirinto del fauno" - si mescola al dramma, la fiaba stringe la mano del melò.
Esce il: 18
3. UNA SETTIMANA E UN GIORNO
Una coppia che ha perso il figlio elabora il lutto: e così un padre scopre di potere sopravvivere grazie all'aiuto del migliore amico, un po' cialtrone, del suo ragazzo. Da un americano di Israele, un film agrodolce che nel tunnel della fine vede la luce di tutta la vita che (ancora) c'è.
Esce l': 11
4. RITRATTO DI FAMIGLIA CON TEMPESTA
Uno scrittore in crisi, divorziato e con un figlio che non vede quasi mai, passa una notte con i suoi cari complice una tromba d'aria. Nuova riflessione sull'universo famiglia da parte di un regista giapponese capace di raccontare come pochissimi i legami invisibili del sangue e dell'affetto.
Esce il: 25
5. CUORI PURI
Storia d'amore tra due ragazzi provenienti da contesti completamente differenti: fra borgate, Dio e briciole di speranza. Un esordio che promette parecchio bene. E tiene alta a Cannes (nella Quinzaine) la bandiera dell'Italia che sa ancora raccontare storie e sentimenti.
Esce il: 24
6. SICILIAN GHOST STORY
Curioso sin dal titolo, non è solo l'opera seconda di due registi che trionfarono a sorpresa con "Salvo" a la Semaine de la critique di Cannes, ma anche il film che la Semaine quest'anno la apre in pompa magna. Un ragazzino scompare: una tredicenne innamorata di lui si ribella all'omertà e lo cerca ovunque.
Esce il: 18
7. FORTUNATA
Castellitto regista è sempre un grosso rischio: calca la mano, sfocia nel melò. Ma Jasmine bionda e tatuata, perduta e non sconfitta, potrebbe essere una forza della natura capace di lasciare il segno anche a Cannes. Nella periferia romana, il ritratto di una donna non comune.
Esce il: 20