Proxima, Eva Green mamma astronauta
È tutto proteso verso quel momento, tende sempre e solo a quel punto: la partenza. Ma sa benissimo che la parte difficile è un'altra, il ritorno: «Quando vedi che le persone stanno bene anche senza di te». È una space opera con i piedi per terra, la preparazione di un viaggio esaltante ma allo stesso tempo doloroso, «Proxima»: e, più di tutto, un film antieroico, ma concreto e fisico (come un abbraccio: o come la parete di vetro che lo impedisce), sul distacco e sulla separazione. Sì, perché quelli che mandiamo lassù, per aspera ad astra, non sono solo «uomini veri»: ma donne, madri. Costrette a imparare ad accettare di essere imperfette, umane: ma pur sempre incapaci di dimenticare che una promessa è una promessa. E' un cinema molto femminile (non a caso è la sceneggiatrice di «Mustang») quello della francese Alice Winocour, pieno di increspate sensibilità, che accoglie un punto di vista inedito in un genere (quello degli astronauti) qui declinato al realismo, a suggestioni (ed emozioni) - forse anche perché è stato girato in una vera base spaziale - non artefatte, ma naturali, «quotidiane». La storia di Sarah (Eva Green, l'ex dreamer lanciata da Bertolucci), che sin da bambina sognava lo spazio: ora ha la possibilità di partire per una missione internazionale, ma questo significherà non vedere più per diverso tempo la piccola Stella... Immerso in una luce fredda, puntellato dalle note di Sakamoto, «Proxima» fa del «partire è un po' morire» l'incontro tra il molto grande - l'immensità dello spazio profondo che attende la protagonista - e l'universalmente piccolo - l'intimissima dolcezza di una donna che lava i capelli a sua figlia nella vasca da bagno -, svuotando l'epica per mostrare piuttosto la vulnerabilità dei suoi personaggi, tra inevitabile guerra dei sessi, senso di colpa e comprensione. L'addestramento durissimo, la simulazione, la preparazione di chi deve abituarsi a vivere al contrario per andare là dove le stagioni non esistono e le lacrime non scendono più. E il sole tramonta 16 volte al giorno: e chissà se qualcuno gli racconta una storia prima di addormentarsi. Dove nemmeno il peso ha più un significato: ma gli affetti e i legami ancora sì.