Provocatorio e spiazzante: Elle fa a pezzi il fascino indiscreto della borghesia
Il film più provocatorio, ambiguo e spiazzante dell'anno? Lo ha girato un giovanotto che a luglio ne fa 79, uno che un giorno ha avuto la geniale idea (o malaugurata, fate voi) di chiedere a Sharon Stone di accavallare le gambe e 25 anni dopo ancora gliela menano... Un olandese che si fa beffe della morale, capace come pochi di sputtanarsi per poi risorgere quando meno te l'aspetti, a dimostrare che non solo la fortuna, ma pure il talento, arride agli audaci.
Regista, carnale e violento, dalla carriera folle e vitalissima (da <Il quarto uomo> a <Robocop>, da <Atto di forza> allo scult <Showgirls>), l'immarcabile Paul Verhoeven gira con <Elle> una commedia nerissima, che dopo un inizio choc prende una strada coraggiosamente grottesca, disinnescando più di una volta la tensione con una risata liberatoria: un film cattivo e moderno con cui l'autore torna forte sulla scena che conta per fare a pezzi, con una feroce satira zeppa di sorprese, nevrosi e rivelazioni, il fascino indiscreto della borghesia.
Tratto dal romanzo di Philippe Djian <Oh...>, <Elle> mescola con grande proprietà, sguardo originale e profondo disincanto generi molto differenti (il thriller, la commedia, il dramma: la vita, insomma...) aggrappandosi dal primo all'ultimo minuto a Michèle, manager alla guida di una ditta di video giochi che viene violentata da uno sconosciuto col volto coperto da un passamontagna. Figlia di uno psicopatico condannato all'ergastolo per avere compiuto una strage molti anni prima, la donna non ha nessuna intenzione, temendo troppo clamore, di andare alla polizia. E prova a risolvere da sola il mistero, innescando con il suo stupratore un gioco sadico.
Rapporti malati, verità scomode, fantasie inconfessabili: ma anche anziane signore che vogliono sposare il proprio gigolo, pallidi commessi di fast food che fanno finta di non accorgersi che gli è nato un bimbo di colore, cene delle beffe che finiscono in tragedia. Ben lungi dal volere girare un film sulla violenza contro le donne (che si guarda bene d'altra parte dal minimizzare), Verhoeven piuttosto realizza con gran ritmo un sardonico ritratto di insieme, un film volutamente scomodo che, in bilico tra attrazione e repulsione, veste di segreta complessità un personaggio non qualunque, a cui la solita straordinaria Isabelle Huppert (candidata all'Oscar per questo ruolo) dona fascino e imprevedibilità.
Regina indiscussa (e indiscutibile) di un film senza ma, forse e però: magnifico contropiede alla banalità imperante.