Madres paralelas: Almodovar e la verità, unica salvezza
La verità, nient'altro che la verità: unica forma di salvezza, necessità improcrastinabile, riscatto e simulacro, non solo ideale, dell'umanità. Perché Pedro lo sa, «il futuro è ora»: e nel mezzo di una guerra (anche contro noi stessi) che non è mai finita, non c'è Storia - come scriveva Galeano - che resti muta, che non rifiuti di stare zitta. E' l'abbraccio di due film, di due copioni differenti che diventano uno solo, «Madres paralelas», il «tutto su due madri» con cui Almodóvar affronta, nello stesso tempo, il rimosso di un Paese che ha sepolto la memoria in una fossa comune e le bugie, imponenti e altrettanto crudeli, della nostra vita (mai) comune. Puro «almodrama», che piaccia o no, col melò che guarda a Sirk ma sa reagire alle sue sventure, la cura maniacale (specie negli interni) a livello cromatico e di composizione dell'inquadratura (osservate quelle mele, le «nature vive» di un grande autore), la solidarietà femminile (in un mondo dove gli uomini, per lo più, fuggono dalle proprie responsabilità, demandano, o sono semplicemente inutili o assenti: anche se si può sempre migliorare...), il gioco, anche spietato, del destino, l'uso del medium (il teatro, la macchina fotografica...), i primi piani spericolati e senza rete. C'è tutto questo nella storia di Janis (come la Joplin...), quarantenne fotografa di moda, e Ana, 17enne spersa figlia di un'attrice: niente in comune a parte la stanza che dividono all'ospedale. Entrambe madri single, partoriscono lo stesso giorno. Creando un legame che in seguito conoscerà sviluppi assolutamente imprevisti.... Tra le ferite ancora aperte della guerra civile e la celebrazione del «miracolo» della maternità, Almodovar gira un film molto bello e denso sull'essere, in qualunque modo, famiglia. Un intenso dramma pubblico ma soprattutto privato ancorato alla memoria eppure proteso verso il domani. Poi è vero, a volte la trama risulta meccanica e certi snodi e svolte appaiono telefonati o (la love story tra le due donne) un po' posticci. Ma nel ritrovare l'amica del cuore Penelope Cruz, Coppa Volpi a Venezia come migliore attrice, e nel lanciare Milena Smit, entrambe bravissime, il maestro spagnolo ha una sincerità che commuove nel suo abbraccio agli antenati e in quello ai discendenti, nel rispetto dovuto a chi c'era prima e nell'amore riservato a chi verrà dopo: come se, in questo legame indissolubile, solo chi ci ha cresciuto e chi cresciamo possa dire chi davvero siamo.