Recensione, 2024, Festival Filiberto Molossi Recensione, 2024, Festival Filiberto Molossi

L'orchestra stonata, se la musica rende fratelli

L'orchestra (nonostante quello che dice il titolo) non è affatto stonata, la banda solo un po', ma il film, in compenso, è intonatissimo: perché se non c'è la bacchetta, poco importa, si può dirigere anche con un mestolo. E seduti al piano è un attimo che Verdi diventi boogie-woogie. Prende il la dalla marcia trionfale dell'Aida per approdare, passato attraverso il jazz e Aznavour, nel crescendo irresistibile del Bolero, «L'orchestra stonata», il film che i francesi sanno fare e noi no: cinema medio ma mai mediocre, popolare e schietto, colto ma senza spocchia, serio quando serve ma non serioso, che va subito al punto ma non è esente da sorprese. E arrampicandosi sulle righe dritte (che al massimo è la vita che va storta) di un pentagramma arriva ovunque: anche, pensa un po', al cuore.

Premio del pubblico al Parma Film Festival (quando ricevette un'unanimità di consensi) e a San Sebastian, quella di Emmanuel Courcol (regista di «Un triomphe», il film che ispirò «Grazie ragazzi» di Milani) è una dramedy ispirata che conosce l'invisibile partitura dei sentimenti, un film pieno di speranza anche quando non ce ne è più. La storia di Thibaut, acclamato direttore d'orchestra che malato di leucemia, ha bisogno di un immediato trapianto di midollo osseo; scoprirà così di essere stato adottato e che l'unico che può aiutarlo è un fratello di cui non sospettava l'esistenza: Jimmy, inserviente nella mensa di una fabbrica che sta per chiudere a Walincourt, vicino a Lilla. E componente (dall'orecchio assoluto...) della banda sgarrupata di quella depressa cittadina di minatori...

Tra le sliding doors, anche amare, dell'esistenza, nel dilemma irrisolvibile di chi ha avuto tanto e chi (troppo) poco, Courcol fa risuonare il potere salvifico della musica, che affratella e rende comunità, famiglia, girando un bel film di pancia sulla scoperta dell'altro. Lo sguardo è pulito, il tono ibrido, l'umanità contagiosa: si ride di quella banda scalcinata (c'è quello sordo, quell'altro che non legge lo spartito perché va orecchio, quello che ha sempre da dire...), sorprendendosi commossi per i legami recisi e riallacciati, per l'empatia, per la sorte dei personaggi. In un'alternanza di emozioni che già di per sé è sinfonia anche quella. E se la trama a tratti è prevedibile, il crescendo finale è la cartina di tornasole di un cinema che ha il coraggio di non adagiarsi sulle comodità delle soluzioni più facili.

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2019, Recensione Filiberto Molossi 2019, Recensione Filiberto Molossi

Ma cosa ci dice il cervello: Cortellesi, una 007 anti arroganti

007? Ha una figlia che non vede quasi mai, una madre che si veste come una degli Abba e l'ex bello della classe che ha preso 100 chili. Ma lotta insieme a noi. Nell'Italia dove <tutti sanno tutto>, malpaese cattivo e irriconoscente in cui i pazienti si sostituiscono ai dottori e i genitori entrano in campo per picchiare l'allenatore dei figli, Paola Cortellesi (complice il marito Riccardo Milani, che la dirige per la sesta volta) si ribella allo status quo per mettere in scena la vendetta della civiltà. Che un po' di educazione, di rispetto, di buon senso – sappiatelo - non ha mica mai ucciso nessuno.

A meno di un anno e mezzo dal grande successo di <Come un gatto in tangenziale>, Milani e Cortellesi portano sullo schermo un'altra commedia sociale che (in tutto o in parte)prova a rappresentarci, raccontando – in una Roma rassegnata e assuefatta a tutto (alle buche, ai rifiuti, alle macchine in doppia fila...) - la doppia vita di una Nikita al tempo dei cafoni: paladina borghese e perbene dell'italiano onesto, vessato da un'umanità incapace di stare al suo posto, ignorante sempre, ma pure cialtrona e arrogante, che alla cortesia risponde solo con la violenza.

E' il (brutto) mondo dove si muove Giovanna, in apparenza grigia funzionaria del ministero, in realtà agente segreto specializzata in complotti internazionali. D'abitudine salva il mondo, ma stavolta ha una missione anche più difficile: <farla pagare> a chi (a vario titolo) ha maltrattato i suoi ex compagni di scuola...

Ipocondriache ultra tatuate, studenti che menano i prof mentre i compagni riprendono tutto col cellulare, malati di riccanza che schifano le regole: se è buona l'idea di difendere a spada tratta, senza rinunciare all'ironia e al paradosso, la normalità dell'etica, se, di più, piace l'approccio anti populista, <Ma cosa ci dice il cervello> funziona però molto meno quando con intento parodistico ma non troppo scimmiotta l'action made in Usa. E qui, dove la Cortellesi salta dai tetti e corre in auto, che la mission si rivela impossible: si gioca, d'accordo, ma dilungandosi troppo, tra il turistico e il farsesco. A rischio dell'autenticità del sentimento.

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