The forty year old version: la vita comincia a 40 anni. A ritmo di rap
“Certe volte serve una storia”. E Radha ne ha una che non è niente male: la sua. Cinema allo specchio, molto mixato, autarchico, autoanalitico e infine terapeutico, «The forty-year-old version» è il debutto sincopato, identitario, esplicito e autoriale (e non solo per quel bel bianco e nero da «street photography» che fa molto Sundance, dove non a caso l'anno scorso vinse il premio come miglior regista) con cui la magnifica quarantenne Radha Blank entra nel gioco grosso mettendoci la faccia, provando a togliersi di dosso - con notevole e (sia sempre) benedetta autoironia - quell'aria da eterna promessa mancata, qualche chilo di troppo e un grande futuro dietro le spalle. C'è, in questo esordio ispirato, l'intimismo alla Cassavetes, frullato col primo Spike Lee (per il quale la Blank ha scritto e prodotto la serie «She's Gotta Have It») e con non poco Woody Allen: solo che questa non è la Manhattan di Gershwin, ma l'Harlem arrabbiata del rap. Di cui l'autrice sente e respira la jungle fever e fa la cosa giusta: raccontando con un sorriso agrodolce il proprio tempo per raccontare, principalmente, se stessa. E viceversa. Drammaturga in disarmo, lontana da tempo dalle scene dopo avere fatto sperare una decina di anni prima in una gloriosa carriera, Radha, allergica ai compromessi, sta malapena a galla insegnando teatro in una scuola: all'affannosa ricerca di qualcuno che metta in scena il suo ultimo copione (troppo «black» per la società bianca), prova a riscattarsi scrivendo in rima la sua frustrazione, reinventandosi, grazie alle basi di un dj che sembra capirla, cantante hip hop fuori tempo massimo. Gentrificazione, elaborazione del lutto, pornografia della povertà: smascherati con violento umorismo gli stereotipi sia di genere che di razza che affliggono il presente, la Blank va in cerca della sua vera voce, trasformando la sua combat music nel manifesto sociale e politico di chi non è un personaggio in cerca d'autore, ma un'autrice in cerca di se stessa. Firmando un debutto-bilancio che insieme è partenza ma anche arrivo, approdo: nonché la conferma che il futuro (forse anche quello del cinema) è donna.