Sully, con il patriarca Clint decolla il fattore umano
<Non sono un eroe, ho solo fatto il mio lavoro>.
Non lo spieghi, nemmeno tra mille anni, il cinema di Clint Eastwood se al centro, ma proprio lì nel mezzo, non ci metti lui: l'uomo. Non ne cogli la tensione morale, il senso del trionfo (pieno ma mai sfacciato, anzi sofferto) dell'individuo sul sistema, quel suo farsi comunità (<l'abbiamo fatto insieme: siamo sopravvissuti>) là dove invece si cerca solo di dividere, di separare, di ridurre tutto a calcolo, probabilità, variabile.
Ti prende in contropiede <Sully>, sin dall'inizio: quando se ne va via sul filo del fuorigioco sparando a freddo un bell'incipit secco, rifiutando le trappole del disaster movie per riscrivere anzi le regole del climax, precipitando letteralmente dentro alla storia per domandarsi se ne reggeremo mai l'impatto. Lontano chilometri dalle ruffianerie hollywoodiane (e dalle facili spettacolarizzazioni), fuori dagli schemi del genere, il nuovo film del patriarca Eastwood celebra la bellezza cristallina e indifesa del fattore umano, davanti al paradosso (il)logico di un potere che, anche nell'imprevisto, crede al contrario solo nella procedura.
Nel mondo dove la simulazione vale più della realtà e il manuale dei buoni propositi è tenuto in maggior conto della vita vissuta, l'incredibile storia vera di Chesley <Sully> Sullenberger, il pilota che nel 2009, con entrambi i motori dell'aereo fuori uso, tentò l'ammaraggio nel fiume Hudson salvando tutti i 155 passeggeri a bordo. Un <miracolo> che però gli costò una commissione d'inchiesta: aveva davvero preso la decisione migliore?
Parabola kafkiana di un gigante dell'antiretorica che stava scomodo sul piedistallo, uomo comune (e come tale disorientato) capace di cose straordinarie, stremato e consumato dalla sua stessa impresa, <Sully> (interpretato da un Tom Hanks tirato e invecchiato di cent'anni, misurato e bravissimo) affida a un realismo senza vezzi una costruzione a flashback dove, tra media opprimenti e computer fallibili, sono l'etica del lavoro, la professionalità, la serietà, il coraggio, il buon senso, il dovere, la solidarietà a uscirne vincitori. I capisaldi che l'America dei mutui, travolta dalla crisi, aveva dimenticato, tralasciando i diritti dei molti per continuare a difendere – secondo la procedura – gli interessi dei pochi. E così, alla fine, è impossibile non scorgere in quei passeggeri spaventati e infreddoliti che camminano in precario equilibrio sulle ali di lamiera di un uccello ferito reclinato sull'acqua qualcosa di più di un evento incredibile: ma l'America tutta, l'umanità intera.