Dheepan, il ruggito (sotto la Palma) della Tigre del Tamil
I migranti sbarcano anche al cinema: in una babele di idiomi e sentimenti, cercando di capire una realtà che non gli appartiene, in disperata fuga da una guerra che li vuole morti per ritrovarsi nel bel mezzo di un'altra, non meno assurda, non meno pericolosa. E' un cinema che non si sottrae alle domande scomode di un presente mai così controverso, quello di Jacques Audiard, il regista francese de «Il profeta» e «Un sapore di ruggine e ossa» che con «Dheepan», emblematica storia di immigrazione e violenza, ha vinto la Palma d'oro all'ultimo Festival di Cannes.
La storia di un miliziano dello Sri Lanka, arruolato nelle Tigri della liberazione del Tamil, che, persa la sua famiglia nella guerra civile, decide di lasciare il Paese: per farlo però deve portare con sè una donna e una bambina che dovranno fingere di essere sua moglie e sua figlia. Trovato rifugio in Francia, i 3 vengono però spediti in quartiere-ghetto controllato dalla criminalità locale...
Nella Scampia parigina, il dramma degli immigrati privati anche dell'identità, stranieri a tutto (senso dell'umorismo compreso...) che sognano 500 euro al mese e provano, come possono, a fare tacere i fantasmi del passato. Con il solito occhio attento (e partecipe) su un'umanità marginale, nella comprensione non facile delle ragioni di tutti - immigrati, delinquenti, losers -, Audiard, evitate le trappole del cinema politico, denuncia, senza bisogno di fare proclami, l'assenza endemica e sconcertante dello Stato (in questo caso la Francia) e della legalità nel «caso migranti», parcheggiati in una terra di nessuno, nuova giungla (stavolta metropolitana) dove la pace che cercano non può che restare una chimera. Interessante quando mostra i tentativi di integrazione dei suoi protagonisti (vittime di un pesante choc culturale) e la loro risposta davanti a una libertà agognata ma in effetti effimera, «Dheepan» convince in particolare nei momenti in cui segue da più da vicino l'evoluzione nel rapporto dei tre fuggitivi (di ognuno dei quali il regista rispetta il punto di vista), estranei chiamati a scoprirsi famiglia, stranieri l'uno all'altro eppure uniti in una nuova lotta.
A dare verità alla pellicola, solida nel suo oscillare tra melò e dramma sociale (con escursioni nel thriller suburbano), è, infine, anche la scelta del protagonista (il Dheepan del titolo), lo scrittore in esilio Jusuthasan Anthonythasan, soldato bambino nelle Tigri di Tamil da quando aveva 6 anni fino all'età di 19.
Poi certo, si potrà forse obiettare che questo non è il miglior film di Audiard, altrove più appassionante, meno schematico: è vero, non c'è dubbio. Ma forse ad ammetterlo gli facciamo solo un favore: perché dimostrarsi anche molto più bravi di così significa essere grandi davvero.