Troppa grazia: il vero miracolo siamo noi
E' un film dedicato a chi <cerca di fare sempre il meglio che può>, <Troppa grazia>; ma è anche un film su un'epoca che nasce debole, costretta a volte per sopravvivere a tradire i propri ideali. Eppure ancora piena di uomini e donne capaci di <redimersi>, e di resistere a ogni tentazione: anche a quella, paradossalmente, di essere <felici>. Anzi, di più: di essere come tutti gli altri. In un mondo dove <il silenzio paga>, e in cui nessuno <ha più tempo per credere>, Gianni Zanasi gira con pathos etico molto più che religioso un film originale, differente, coraggioso, che cammina sulle uova senza romperne nessuna, trovando conforto anche nell'attraversare il tunnel dell'orrore, dove i rischi e i pericoli si affrontano col sorriso sulle labbra.
La storia di Lucia, geometra precaria con figlia a carico, chiamata a fare un rilevamento su un terreno in piena campagna, dove dovrebbe sorgere un grande centro immobiliare. Ma qualcosa non quadra: forse però è meglio fare finta di niente. Lucia ci prova, ma un giorno, in quel campo, le appare la Madonna...
Qualcosa di più di una favola ambientalista, <Troppa grazia>: piuttosto, un ragionamento su se stessi, sulla meraviglia, sulla bellezza (e sulla grazia, mai troppa) di cui riappropriarci e, successivamente, tramandare. Per aprire la strada - in quella dimensione surreale e ironica, in quel misticismo gentile ma pragmatico (la Madonna all'occorrenza mena pure le mani...) -, a un dubbio che si fa fessura, poi porta, infine possibilità. Un percorso intimo e insieme politico che Zanasi segue facendo deragliare volutamente il suo film dai binari dell'ordinario affrancandosi – come la sua protagonista (Alba Rohrwacher, bravissima: addirittura chapliniana nella gestione del corpo) - da quello che è già stato stabilito, da ciò che altri, sempre altri, hanno già deciso. Perché alla fine l'unico miracolo – forse – siamo proprio noi.