Black Mass: quel bravo ragazzo di Johnny nella Boston dei feroci '70
Ancora <bravi ragazzi>, ma stavolta nella Boston coi pantaloni a zampa e i capelli cotonati dei violentissimi Settanta. Un altro romanzo criminale, feroce e bello secco, tra dancemusic, abiti vistosi e qualche conto da regolare; che i bad boys del quartiere, se non li conosci, sono fatti così: uccidono a sangue freddo chi gli pesta i piedi e un minuto dopo aiutano le vecchine a portare in casa la spesa...
Roba da duri, insomma, <Black Mass>, pelle ruvida e pochi orpelli: un gangster movie alla vecchia maniera, virile, fisico, feroce, spietato. Strettissimo sui volti e minaccioso, ben fatto per dirlo in due parole: anche se già molto visto (perché simile, in una maniera o nell'altra, ad altri mille), convenzionale - seppure con un'identità precisa e ben riconoscibile - nel racconto e nella forma.
Storia vera (omicidi compresi) di <Whitey> Bulger Jr., fiere origini irlandesi, uno dei criminali più crudeli mai visti sulla scena di Boston, dove spadroneggiò per anni scatenando una clamorosa guerra contro la mafia italiana per il controllo del territorio. Un fratello senatore, un amico poliziotto e una mamma da lasciare vincere a carte, Whitey collaborò a lungo con l'Fbi, di cui divenne un informatore, servendosi dei detective per togliere di mezzo molti dei suoi nemici mangiaspaghetti...
Ritratto a tinte forti, tra affari di famiglia (che in senso allargato non include solo i legami di sangue, ma anche quelli che hanno alla base fiducia e rispetto) e altri semplicemente sporchi (l'alleanza tra crimine organizzato, tutori dell'ordine e politica), di un ex ragazzo di strada con la vocazione del boss, <Black Mass>, reso omaggio ad alcuni moderni classici (la sequenza della ricetta, diventata già virale, che richiama alla memoria un famoso dialogo tra Joe Pesci e Ray Liotta in <Goodfellas>), si cala nell'abisso del suo cattivo spostando però anche efficacemente l'attenzione sul personaggio dello sbirro (un bravissimo Joel Edgerton), che in realtà è il più interessante. Messo insieme un cast efficacissimo ed eterogeneo, che permette a un Johnny Depp molto in parte (e non solo per i 45 pezzi di protesi facciale, i denti macchiati e le lenti colorate con cui si è fisicamente trasformato in Bulger) di rilanciarsi dopo alcune prove incerte o annacquate, il regista Scott Cooper (è quello di <Crazy heart> e de <Il fuoco della vendetta>) è uno che sembra sempre lì lì a fare il grande salto: che però è come se rimandasse in continuazione. Forse è ora che si decida se non vuole che ci stanchiamo di aspettarlo.