La truffa dei Logan, l'Ocean's eleven degli sfigati
Nell'America che ha votato Trump, sulle note di John Denver, dove sui pick up girano ancora le musicassette, le bimbe partecipano ai concorsi di bellezza, i pantaloni delle signorine sono corti e le unghie lunghissime, l'imprevedibile Steven Soderbergh si rimangia (per nostra fortuna) l'idea di un sin troppo precipitoso ritiro tornando al cinema con <La truffa dei Logan>, l'<Ocean's eleven> degli sfigati: una sorta di versione operaia, contadina e bifolca - ma non meno (anzi...) divertente - di quel suo successo assai più dandy e luccicante. Una commedia d'azione che celebra i losers, gettando un occhio all'umorismo dei Coen: scritto con grande disinvoltura, col solito congegno narrativo a doppio fondo caro al regista di <Traffic>, bei momenti surreali (esilarante la rivolta in carcere) e un senso felice del paradosso, <La truffa dei Logan> è un heist movie che lavora sul genere, tra criminali da strapazzo, auto veloci e <maledizioni>.
Uno sguardo ironico e per nulla accusatorio a un'America fonda, dove sopravvive senza frizzi e lazzi un'umanità male in arnese: come i fratelli Logan, uno mezzo zoppo, l'altro con un braccio finto perché quello vero lo ha lasciato in Iraq. La jella li perseguita, ma, ormai al verde, progettano il colpo grosso...
Tatuaggi, soldi, stivali, piloti new age, anziane signore che guidano macchine viola coordinate con l'abito: rocambolesco e divertente, il film arruola nella sua armata Brancaleone un cast super cool: da Channing Tatum a Adam Driver, passando per un ossigenato Daniel Craig e per la scoperta Riley Keough, 28enne in ascesa che forse sogna di diventare più famosa del nonno Elvis Presley.